Storie

Brixia Stoneman 3 Luglio 2021

È notte. Tutto attorno ci sono le cime con ormai solo poche tracce di quello che una volta erano i ghiacciai, ma quel che rimane riflette quel poco di luce che c’è ancora nell’atmosfera. Con Fabio guardiamo ammirati questo spettacolo. Sono circa le 10 di sera e saliamo verso la meta. “Fabio. Io mi spengo. Non parlo più. Devo concentrarmi altrimenti mi fermo”. Accendiamo le luci sulla fronte e il percorso diventa veramente impegnativo, ma forse sono io che sono alla frutta. Anzi è così. Fabio non dice nulla, ma capisco che mi sta accudendo come una chioccia. Lo capisco dal fascio di luce della sua torcia frontale. Fa due passi e gira la testa verso di me che gli sono dietro. Vede che ci sono e si rigira per tracciare immediatamente il percorso meno impegnativo. Di tanto in tanto mi dice “dai Max è fatta”. Solo che io conosco molto bene quel percorso e so che ce n’è ancora per una oretta. Un passo e poi un altro.

Penso a Virna che mi ha accompagnato per 31 km di corsa/camminata e che proprio prima dell’ultima ascensione ha avvertito dei crampi.

Penso a Roberta che son tre anni che mi sopporta con ‘sta storia dell’estremo e che se stavolta non finisco mi sfascia la bici a martellate.

Si. I miei angeli ci sono per la terza volta consecutiva (anno Covid a parte). A dire il vero non me la sentivo di chiedere nuovamente al mio Presidente del Padova triathlon (Fabio Vason) e a sua moglie (la First Lady Virna Stavla) di farmi da supporter; la paura del “non c’è due senza tre” mi terrorizzava. Non avrei potuto sopportare di dare a loro una ulteriore delusione. Figuriamoci a mia moglie Roberta. Se l’insuccesso all’ICON di Livigno tutto sommato lo avevo metabolizzato, lo Stoneman del 2019 mi bruciava ancora e fino a ieri faceva ancora tanto male. Ora voglio quell’applauso.

Lo Stoneman non è solo una gara di triathlon estrema. Per uno come me alla soglia dei 60 anni è un viaggio e per giunta lungo. Tanto lungo. Le distanze sono più o meno quelle classiche dell’Ironman, ma i dislivelli sono decisamente importanti (ca. 4000 metri di dislivello in bici e oltre i 2000 a piedi). Passo dell’Aprica, Mortirolo e Gavia: in bici sempre in spinta con solo meno di 50 minuti complessivi di discesa. A piedi è anche peggio con presenza di salite su piste da sci nere e rare discese talune a rotta di collo.

Virna, dai andiamo. Voglio quell’applauso. Finalmente termino la seconda frazione e metto giù la bici in zona cambio, ma non vedo i miei angeli e scatta il turpiloquio tra la ilarità del pubblico e dei volontari. No eccoli. “mi ritiro. Basta”.

Virna non fa una piega. Roberta nemmeno e mi infila le scarpe. Iniziamo a correre a piedi.

Arriviamo alla prima stazione di rifornimento dopo 6km: ho fame, ma basta barrette e sali. Vi prego datemi del pollo, delle patatine, una birra. Per contro mi rifilano un pacchetto di cracker che apro e lascio li perché mi si chiude lo stomaco. Apposto!!!!

Via di corsa fino al 10° Km dove stramazzo a terra. “Basta io mi ritiro”. Virna come Panoramix estrae dallo zainetto la pozione magica. Non so cosa sia e senza fiatare butto giù tutto; fosse diserbante o metanolo butterei giù anche quello. Tempo 5, dico 5, ripeto 5 minuti l’integratore entra in circolo e da lì non ce n’è più per nessuno. In realtà sappiamo tutti che non esiste nulla al mondo in grado di garantire una ripresa così rapida….anzi si, un paio di cose ci sono. Ho guardato intensamente negli occhi la mia fantastica supporter; le avevo promesso di varcare assieme il traguardo. Chiamatela come volete: stima, orgoglio, riconoscenza…..ho scavato dentro di me alla ricerca delle ultime energie….forza, in piedi, passo SMALP (scuola militare alpina) e via in salita. Perché io voglio quell’applauso. Superiamo tutto ciò che è davanti a noi e la compagnia di Virna è piacevole: lei parla mentre io non riesco a fiatare.

Arriviamo alla seconda vetta (Valbione) e di lì a poco inizia una discesa ripidissima. La campionessa italiana si mette davanti per tracciare il percorso rendendomi meno penosa la discesa, ma i dolori sono troppi forti. Quali dolori?

Discesa del Mortirolo in bici qualche ora prima. “ma che ca………..o fai?” ‘Sto stronzo mi attraversa la strada senza rendersi conto che sto arrivando a tutta. Lo evito, ma sono veloce; invado la corsia opposta, la bici si scompone. Muretto alto venti centimetri con rete metallica. Ci rimbalzo e striscio sull’asfalto. Non so come, ma sono salvo. Rimonto in bici. Oggi non ho tempo per litigare. SEEEEEEE.  Ho rischiato la mia verginità nel voler salire alla bersagliera; la sella ha la punta rivolta verso l’alto e in più la catena è incastrata tra le due corone……NOOOOOOOOO. E’ finita. “Io mi ritiro”. “Oh Tu. Oh Tu. Si Tu. Tu. Ohhhhhh. Fermati fermati. dammi una mano ti prego” un MTbiker mi guarda terrorizzato, ma è scaltro ed intuisce le mie richieste che non riesco nemmeno a declinare e si mette a disincastrare la catena. Allo stesso tempo un supporter di qualche altro atleta si mette con l’auto di traverso in mezzo alla strada e comincia a battere con il pugno sulla sella per riposizionarla. Non respiro. Non so che fare. Il cuore è fermo. Pochi minuti e ……SIIIIIIIIII….. non ci posso credere. Non so come diavolo vi chiamate, chi siete e che ci fate proprio qui in questo preciso istante, ma grazie grazie grazie grazie. Il Signore vi abbia in gloria. Riparto. Ok la sella non è proprio messa bene, ma va beh è tutto grasso che cola.

Al termine della discesa il mio team ispeziona la bici, ma la catena sotto sforzo salta. “Basta, Io mi ritiro”. No anzi. Voglio quell’applauso. Ok ci provo, ma arrivare su in cima al Gavia in queste condizioni è dura, tanto dura. Mi fermo 10 minuti da Roberta ai piedi di quest’ultima ascesa. “dormo un attimo. Per la caduta ho male dappertutto”. Espressione leggermente preoccupata, Roby rimane calma e mi pulisce le escoriazioni che nemmeno mi ero accorto di avere rifilandomi pure un antidolorifico. Cara, finora non ha sbagliato un colpo. Sempre presente e lucida, agli appuntamenti convenuti mi passa le barrette, i sali o i carboidrati. Mitttttica.

Si riparte e sul Gavia devo fare mio malgrado qualche pezzo a piedi perché nei tratti più duri la catena salta……giusto cielo, per dindirindina…….e finalmente arrivo in cima. Guardo lo spettacolo attorno, ringrazio le persone dell’organizzazione che al giro di boa mi passano la sacca con il cambio (grazie siete stati tutti fantastici, ma veramente tutti) e via in discesa senza mai riuscire ad impostare una traiettoria corretta. Io che mi autostimo così tanto per come riesco a buttarmi giù in discesa. Per fortuna non c’è quasi traffico. Frazione bici chiusa in quasi 10 ore. TROPPE. Oggi va così, ma per la piega che stava prendendo va bene dai.

Si, ma il triathlon si compone di tre frazioni. Undici ore prima c’era stata la partenza. Meglio: ore 2 sveglia. E chi ha dormito? Giocava anche l’Italia. Colazione e nel buio della notte ci dirigiamo concentrati e silenziosi in zona cambio per le solite ritualità. Imbarco sul battello lacustre alle 03.30 per arrivare alla sponda opposta del lago di Iseo da dove si partirà e come in ogni Ironman do prima un bacio sulla “cabeza” del Presidente, un bacio a Virna e uno un po’ più piccante a mia moglie Roberta. Tutto questo alla faccia del Covid, ma eravamo vaccinati e tamponati. Puntuali alle 4:00 si parte fasciati nelle nostre mute con agganciata boa luminescente per facilitare il reperimento delle salme. Il nuoto fila veramente liscio, mi sento tranquillo nonostante a me non risulti molto chiara la direzione da prendere: il buio pesto, gli occhialini che si appannano, le molte luci sulla sponda opposta……quale sarà quella giusta da puntare? Riesco comunque a tracciare una retta, forse spezzata, ed esco tra i primi 10.

Si monta finalmente in bici non prima di aver smadonnato in maniera incisiva a causa della cerniera della maglietta che si era incastrata e non voleva più saperne di scendere o salire. Provvidenziale anche in questo caso la First Lady. Sino alla discesa del Mortirolo tutto liscio come da previsione.

Già!!!!! Dicevamo della corsa in discesa. Ho male ed è chiaro che la caduta in bici sta facendo emergere i primi problemi. Virna è eccezionale e, come faceva Tino Pietrogiovanna ai tempi di Tomba, riesce a tracciare la discesa ripidissima rendendomela più dolce, ma il ginocchio fa male. “basta, Io mi ritiro. Non ce la faccio.” Invece voglio quell’applauso e corriamo verso l’ultimo passaggio a Ponte di Legno dove ci aspetta Fabio per accompagnarci negli ultimi 17 massacranti Km. Nel frattempo guardo l’orologio. Azzzz. Sono le 18:45 non ce la faremo mai ad arrivare al cancello delle 21 su al Passo del Tonale. “ok grazie a tutti, ma Io mi ritiro”. Virna imperturbabile non mi dà retta e tira dritto anzi va avanti per avvisare il team che sto arrivando.  Sono irriconoscibile e trasfigurato, ma con orgoglio grido: “Fabio. Dai. dai. ‘ndemo. La facciamo o no sta pazzia?” Fabio indossa velocemente lo zaino e si aggrega a me e Virna. Scatta nuovamente qualcosa in me. Il pensiero di mio zio Finause (che nome, eh?) si impossessa della mia mente. Al termine della II^ Guerra Mondiale lo ZIO tornò a casa a piedi dal campo di concentramento in Germania senza un cazzo di cellulare, senza GoogleMaps e senza tutte le altre APP senza le quali oggi non si fa un passo fuori di casa……tre lunghi mesi di cammino mangiando bucce di patate (alla faccia di tutte le case produttrici di integratori), senza aver la minima idea di dove si trovasse e nessuna cognizione di geografia. Azzzzzz temo di non essere il primo in famiglia ad essersi cimentato con le cose estreme…. se lui ha potuto questo, io non posso piangermi addosso.

Ingrano la marcia, testa bassa e fino al passo del Tonale non ce n’è per nessuno: mentre in tutti gli altri team il supporter è davanti a fare il ritmo, ora da qui e fino al Tonale sono sempre io davanti. Ne passo tanti, ma veramente tanti. Un supporter di un altro atleta mi scruta mentre lo passo e mi dice “che grinta, complimenti”. Ora sto volando, ma forse la molla è scattata troppo tardi!!!! Controllo l’orologio “Fabio, Virna: ce la faremo?” Tic tac. Tic tac.   Arriviamo al cancello in cima al passo del Tonale……sono le 20:40 ….. 20’ di anticipo sulla chiusura del cancello. SIIIIIIII…Vorrei rotolarmi per terra dalla gioia, nei vari test su questo stesso tratto avevo impiegato almeno 25 minuti di più. Non capisco da dove arrivi tutta sta energia e sono felice: forse Panoramix???

La mia Roby mi viene incontro urlando dalla gioia e Fabio dietro di me è emozionatissimo. Ci cambiamo per iniziare l’ascesa finale. Roba pesante. Virna? Una lama nel cuore, decide di non rischiare nell’accompagnarmi per l’ultima ascensione della giornata………nooooo. Tanto rispetto per questa wonder woman che ridendo e scherzando si è fatta 31 km con me e domenica prossima deve disputare i campionati italiani sulla media distanza. Tanta tanta stima sorella. Se non c’eri tu ero già sotto le coperte con una decina di birre in corpo e tanta rabbia.

Per me invece non è ancora finita “Fabio. Da qui in avanti non mi interessa più nulla. Ho passato l’ultimo dei cancelli, si tratta solo di arrivare su al rifugio al passo Paradiso. Adesso facciamo una passeggiata sino in cima. Andiamo piano”. Se di passeggiata si può parlare: gli ultimi 7 km con 800 metri di dislivello li abbiamo fatti in 2 ore e 20. Tenendo conto che erano già passate più di 16 ore di gara…..dai non è andata così male.

Prima di iniziare le ultime fatiche butto giù due tazze di brodo che una delle fantastiche volontarie ha preparato per noi atleti. Il brodo più buono della mia vita.

Avanziamo pian piano guadando i vari torrentini che si sono formati per lo scioglimento del ghiaccio e per la pioggia. Guardo verso l’alto e verso il basso…impareggiabile….si vedono tante lucette disseminate lungo il percorso. Sono tutte lampade frontali di altrettanti atleti e supporter. Non sono solo. Fratelli nella notte.

Pian pianino la luce del rifugio diventa sempre più intensa e la voce dello speaker mano a mano prende vigore. Ci siamo. O SANTOCIELO, ma ce l’ho fatta? Sono arrivato in cima. Mancheranno 300 mt alla fine, vedo il traguardo e mi ringalluzzisco anche se non ho più nemmeno la forza di prendere il cellulare per filmare il mio arrivo. Tanti pensieri mi passano per la mente mentre Fabio, stile Rocky Balboa, inizia a gridare i nomi di Virna e Roberta che spuntano fuori dal fascio di luci dell’arrivo. E’ buio, fa freddo e piove, ma non sento nulla. Stazioniamo un po’ in coda prima di tagliare il traguardo per consentire agli organizzatori di fare le foto come si deve dell’attraversamento della “finish line” in base agli arrivi….tocca a noi…..esplosione di gioia, abbracci, baci….un abbraccio a quattro saltellando, bacio di ringraziamento a tutti e 3 e ora dentro in rifugio. Io voglio quell’applauso…..entriamo nel rifugio…..come per ogni altro finisher, tutto e tutti all’intero si fermano ed iniziano ad applaudirmi…..erano due anni che aspettavo questo cazzo di applauso ed ora è tutto mio anzi NOSTRO. Ringrazio con un cenno della mano e mezza lacrimuccia. Un abbraccio al mio omonimo Max che ringrazio per aver organizzato questa gara fottutamente perfetta. Ora sono veramente ok. Birrrrrrraaaaaaaaaaaaaaaaaa. Patatine fritttteeeeeeeee……ayeah

Il giorno dopo durante la premiazione nella piazza di Ponte di Legno ci viene consegnato il trofeo tanto agognato, un cubo di porfido viola della Val Camonica con inciso il mio nome che provvedo a pubblicare immediatamente su Instagram. Roberta scrive “Caro il nostro Stoneman avevi deciso di farla e ci sei riuscito…ti ammiro per la forza mentale e fisica……un pezzo di porfido però dallo a me che se ti dovesse capitare di pensare di rifare una cosa del genere te lo spacco in testa”……. superflua ogni osservazione e chiare tutte le sfumature…😊

Grazie Angeli. Grazie siete stati fantastici. Abbiamo condiviso una esperienza unica che ci accompagnerà per il resto della vita.

Grazie a tutti gli organizzatori e volontari che, rispetto alle molte gare a cui ho partecipato, erano tutti coinvolti emotivamente e si sono sempre prodigati come se fossero i nostri supporter. Un voto? 10 e lode

Non ho mai capito a fondo cosa mi abbia spinto ad iscrivermi a questa gara. Tutti devono per forza dire la loro: chi dice la voglia di dimostrare agli altri le proprie capacità, chi per confermare a noi stessi chi siamo e cosa possiamo fare, chi la ricerca dei propri limiti, chi perché sei un esaltato e vista l’età faresti bene a startene tranquillo…..Boh!!! Non lo so. So solo che ho trascorso molto tempo a preparare questa gara in un momento infame a causa del Covid. Per quanto ti prepari hai sempre la sensazione di non essere mai pronto per una cosa del genere, figuriamoci quest’anno in questa situazione.

Non si tratta solo di nuotare, pedalare e correre e tagliare il traguardo.….c’è tanto altro. C’è il senso della competizione con se stessi e non contro gli altri; c’è il viaggio che inizia molti mesi prima e si conclude diverso tempo dopo il termine della gara;  c’è il cuore che DEVI gettare oltre l’ostacolo quando tutto sembra ormai compromesso; c’è il team che deve essere affiatato e che ti deve saper supportare e stimolare; c’è tanta tanta fatica fisica e mentale; c’è da incastrare tutto il resto della vita e del mondo senza mancare di rispetto alla tua famiglia, ai tuoi amici e al lavoro; ci sono le pacche sul sedere e l’incitamento a non mollare durante il percorso podistico; ci sono  gli Alè Alè urlati durante il percorso ciclistico; ci sono gli infortuni durante gli allenamenti che ti fanno dubitare di tutto; c’è l’imprevisto in gara (almeno uno, ma spesso diversi) che devi imparare a saper gestire; ci sono tanti momenti in cui sei da solo con te stesso in cui devi parlarti, incitarti, moderarti…; c’è la pazienza che devi avere quando in gara “non gira” con la consapevolezza che i momenti di sconforto sono veramente tanti (per essere ottimisti);  c’è il meteo che fa quello che gli pare e che devi imparare ad assecondare; c’è l’alimentazione che se non gestita bene ti lascia ko per strada; c’è la Fortuna che decide quello che vuole; c’è la motivazione (io voglio quell’applauso) che devi avere sempre in considerazione per superare le crisi ….ma c’è tanto tanto tanto tanto altro ancora.

Per me tutte queste cose sono state una sfida più snervante e faticosa che non la reale fatica fisica. La fatica fisica ti tiene vivo e presente. Con l’aiuto del Team credo di aver affrontato discretamente tutto quanto sopra. Team stellare già affiatato che ora con questa esperienza ha consolidato il proprio legame. Ne sono certo: questa esperienza rimarrà per sempre scolpita nei nostri cuori.

Massimo D’Antonio

Finisher Stoneman 2021

Massimo D'Antonio

RACCONTI STONEBRIXIAMAN 2019

È stato per me un Avventura iniziata l’anno scorso quando per scherzo come tanti penso mi sono pre-iscritto.

Io faccio triathlon da due anni, ho 52 anni, e prima dello Stone avevo fatto solo due Olimpici (il primo a Sirmione nel 2018).

Ho un passato da piccolo scalatore, e quindi amo le sfide. Per questo poi ho deciso di provare ad allenarmi per lo Stone 2019, pensavo allo Stone come a scalare una Vetta.

Il primo Step è stato quindi iscriversi e iniziare ad allenarsi da Gennaio 2019.
Dovevo prima vedere se il fisico avrebbe tollerato la mole di allenamenti previsti.
Cosi è stato, ma il grosso lavoro oltre ad allenarsi ogni giorno è stato quello di gestire le piccole magagne del mio fisico: da menischi laterali mal ridotti a varie tendiniti. Ma ci sono riuscito.

La cosa più bella è stata vedere la mia costanza negli allenamenti. Ovviamente come tutti ricordo immediatamente il giorno della gara, ma i 6 mesi di allenamenti sono il patrimonio maggiore di questa esperienza: uscire di notte a correre il giorno di Pasqua, o i primi 150 km in Bici con oltre 3.000 metri bevuti tranquillamente, le nuotate in solitaria al Lago Sirio. Tuttoo bellissimo.

Dimenticavo, prima di iniziare tutto ciò ho chiesto permesso a mia moglie e figli, informandoli del progetto e del fatto che papà sarebbe stato assente tanto. In più il 6 Luglio è il compleanno di mio figlio, ma hanno capito, e l’8 eravamo a Gardaland 🙂

Il giorno della Gara è stato tutto unico, come esperienza, come gara, come incontri, come sensazioni.

Dopo 3 minuti della partenza di nuoto, non ero riuscito ancora a respirare, non ci riuscivo forse per un po’ di panico non so.
Fatto sta che ho guardato la riva e mi sono detto: “Se non riesco a nuotare nel prossimo minuto torno indietro”. Poi ho trovato un corridoio ed ho iniziato a nuotare normalmente. Li è partito tutto, passo a passo.

Il mantra è stato Passo a Passo, Step by Step, e così ho fatto tutto, pensando più volte che non sarei arrivato in tempo ai cancelli, non pensavo alla stanchezza, ma pensavo che ero troppo lento.

Il maltempo, la fatica, sono cose mie cose che sopporto e che mi piacciano quindi, iniziata la parte trail running, mi sono sentito bene.

Al Tonale il Dottore mi ha fermato perché tremavo come una foglia visto che sono arrivato li in Body da triathlon.
Poi mi sono ricoperto e sono ripartito con il mio amico/allenatore, anche lui, di nome Fabrizio.
Mi ha dato una gran mano visto che ha fatto 4 Ironman, è stato un riferimento, ed era la prima volta che ne avevo uno, ho sempre fatto le mie piccole imprese da solo.

Infine la mia famiglia, che ad ogni incontro, mentre io pensavo: “va be sono in ritardo, mi fermo.” – mi urlavano, mi incoraggiavano senza possibilità di mollare 🙂 quindi io continuavo come una macchina 😉

Alla fine ho scoperto di esser arrivato 44° con una ultima frazione al Passo Paradiso davvero lenta ma bellissima, l’Alta montagna per me è libertà e lassù, insieme al Gavia ed agli scorci del Mortirolo verso la Valtellina, davvero mi sono sentito libero.

Grazie a voi per l’opportunità che mi avete dato.

 
Fabio

Voglio iniziare dalla fine.
Voglio dire grazie a tutti quelli che mi hanno accompagnato in questo viaggio. voglio dirvi grazie perché senza la stupenda squadra di persone di cui ero circondato, tutto questo non sarebbe stato lontanamente possibile.
Grazie a chi mi è stato vicino nella lunga e dura preparazione alla gara, grazie a chi questa gara me l’ha fatta preparare. Grazie a chi mi ha ascoltato nei momenti duri. Grazie a chi ha capito di doverci essere nel momento giusto.
Ho vissuto una delle giornate più travolgenti della mia vita.

È stata lunga. Lunghissima. Estenuante.

Nessuno è mai veramente preparato per fare una gara di 18 ore.

Nessuno sa mai come e se potrà finire.

I giorni precedenti alla gara sono stati durissimi, ma i dolori lancinanti che non mi hanno fatto dormire per una settimana, sono magicamente spariti alla sirena dello start.
I 4km di nuoto sono stati quasi mistici. Alle 4 di mattina, in quello specchio d’acqua che ammiro ogni sera nel tornare a casa e seguendo solo un faro.
Il giro in bici è di quelli che fai una volta ogni 3 anni, quando decidi di fare la mattata e spararti un Mortirolo Gavia A-R, per poi poter raccogliere kudos su Strava!

Qui la squadra è stata di nuovo fondamentale.

Non mi è mancato nulla. Ero seguito meglio di Nibali al Tour.
Inizio a godermi davvero quello che sta succedendo quando mi ritrovo da solo scendendo dal Gavia, ormai la bici è finita.

La boa è stata aggirata. Il paradiso è più vicino.
Mi scappano le prime lacrime che si asciugano alla svelta, perché dal Gavia devi scendere a tuono e recuperare il tempo del panino mangiato sul passo.
Arrivo in piazza a Ponte.

Quanta gente è li per me.

Quante persone che ci tengono a farmi sentire il sostegno.

Quanto conta tutto questo?
Tutto questo conta tutto.
Ormai lo sto facendo per me, e lo sto facendo per loro.
Iniziano gli ultimi 40km sulle gambe. Anche qui. Non ho un accompagnatore.

Ho uno sherpa pronto a servire ogni mia necessità.

Sento i primi crampi al decimo km ma tiriamo avanti. È ancora lunga.

Al ventesimo km transitiamo a Ponte, ed ecco di nuovo i miei amici che mi aspettano.

È stupendo.

Ora gli Sherpa diventano 3 e partiamo per il Tonale.

Il diluvio che ci assiste per 10 km è solo un piccolo contorno al dolore di gambe che ormai si fa sentire prepotentemente, ma non potevo aspettarmi ciò che sarebbe arrivato da li a poco.

Poco dopo le 19 raggiungiamo il cancello del Tonale e gli organizzatori sono costretti a fermarci per motivi di sicurezza.

La tempesta al passo è impietosa e la parola IPOTERMIA riecheggia frequentemente nell’aria.

Passano minuti.

Ne passano 36.

Sono ormai devastato, le mie gambe dopo 15 ore di gara si sono fermate al gelo per 36 minuti e questo mi ha distrutto.

Arriva il via.

Non ho una bella cera e non ci sono con la testa.

Il dolore ormai è più forte di qualsiasi cosa tranne una. Devo arrivare là.

Devo farlo perché sennò tutto questo non ha avuto senso.

Devo compiere la mia missione perché oggi il fallimento non è contemplato.
Sono stati i 9km più duri della mia vita. Passo dopo passo pensavo solamente a quanti altri passi mancassero. La mia testa era legata al corpo solo da una cordina che il mio sherpa cercava di tenere annodata. Piango. Soffro. Piango ancora. Procedo. Non ne posso più ma devo andare avanti.
La gente che mi passa non mi interessa. Non è una gara, ormai è un viaggio che devo portare a termine e tutto il resto è contorno.
Vedo quella luce rossa che conosco bene, passata quella sono arrivato. Piango di nuovo.
Sono arrivato.

È finita. È finita!!

La mia missione era quella di arrivare al Paradiso. Per me. per quello che ho passato per tutto questo.

Per i miei amici che mi stavano aspettando.

Per quelli che mi hanno accompagnato. E per Giulia. La mia missione oggi eri tu!

Non potevo fermarmi, non con quelle che abbiamo passato per arrivare qui.

Non per quello che avrebbe voluto dire il fallimento del tuo uomo.

Ah, certo. Poi il fatto di chiederti la mano aveva la sua importanza!
Il mio Stoneman, come quello di tanti altri, è stato un lungo viaggio alla ricerca di qualcosa che non stavo cercando.

Forse avevo voglia di volermi male per riuscire a capire quanto davvero avrei potuto volermi bene.

Non sono nessuno, ma nonostante tutto, oggi mi sento un nessuno che vale qualcosina in più.

Ancora una volta grazie a tutti voi che ci siete stati e che avete aiutato un giovane ragazzo di campagna a compiere qualcosa che sarà orgoglioso di poter raccontare ai suoi figli <3

 
Stefano Filippini

Dopo più di una settimana dalla mia gara non riesco ancora a crederci.
Una gara lunga , infinita oserei affermare, una gara che ti fa venire le lacrime agli occhi alla mattina prima della partenza per la tensione e te le fa tornare a Passo Paradiso quando oltrepassi la Finish line accolto da incitamenti e persone magnifiche dell’organizzazione che, sono là per te, fin dalle prime ore della notte del giorno prima per dare il meglio di loro stesse e farti sentire a “casa”.

I miei Xtreme Triathlon iniziano dopo aver smesso di correre dilettante in bici da strada e in seguito ad una gioventù dedicata al nuoto, tutto questo condito con un grande amore per lo sport e per la montagna.
 

Dopo il mio Primo Xtreme a Livigno, ICON, ho scoperto Stonebrixiaman, location favolosa: percorso bike e run superlativi quindi ho deciso di iscrivermi e di affrontarlo, ne uscii vincente già nel 2018 e le emozioni, il contesto, le persone… Hanno fatto si che anche nel 2019 mi sono nuovamente riscritto alla gara ed ero la nella start list.

Nonostante sia stato il secondo Stone e il 4 xtri le paure, l’ansia, i dubbi li avevo e li avevo tutti come la prima volta che mi presentai ad una gara del genere.
Il venerdì pomeriggio Briefing, apertura zona cambio e la fatidica Cerimonia della consegna pettorali dove capisci che mancano poche ore mentre scruti il tuo numero con attenzione e guardi gli avversari che alla fine si rivelano bellissime persone con cui trascorri bellissimi momenti e un viaggio lungo un giorno.

Il Race day non ha tardato ad arrivare e in men che non si dica mi trovai sul battello che mi portava alla sponda opposta, la sirena suonò e la gara ebbe inizio togliendomi tutte le paure che avevo, non appena uscii dall’acqua trovai persone che applaudivano e che urlavano e mi dette una carica super, venni subito recuperato dal mio supporter pronto a tagliarmi la boa, aiutarmi a cambiarmi e mettermi in tempo zero sulla bici, mi alimentai e bevvi tantissimo ma la diarrea già uscita nei giorni prima non tardò ad arrivare.
Le fermate al bagno e le rincorse alle posizioni perse, militavo nelle alte posizioni della classifica generale fin che l’ascesa al Gavia sancì la sentenza, crampi, gambe vuote e sfinito, ma riuscii a fare il giro di boa e buttarmi giù in discesa, arrivare a Ponte di Legno con un ottimo personale in bici , mangiai e iniziai la corsa , durissima , caldo , i dolori addominali , mi hanno fatto camminare tutta la prima parte di salita fino a trovare l’inizio della discesa che portava a Temù.
Iniziai a correre, un po’ mi ero ripreso, ma non tardo ad arrivare la salita, bene la prima parte riuscii a correrla fino a che non usci dalla forestale e iniziai a salire per boschi per poi uscire nel prato e intravedere il ristoro che sanciva l’inizio della discesa dopo poco.
Il temporale mi ha accompagnato fin da metà salita e la discesa molto scivolosa mi portò alla ciclabile per Ponte di Legno, il mio supporter congelato per aspettarmi sotto al diluvio mi iniziò a correre a fianco e arrivammo al cancello orario in piazza, un grande Massimo Marabrese mi accolse con un abbraccio che voleva dire un’infinità in quel momento di crisi, mi avviai alla salita della Tonalina, dura, l’ acqu, sempre più freddo sempre più sfinito, uscii dallo sterrato per attraversare la strada.
La totale crisi, la testa scomparsa, non ricordavo della mia giacca da pioggia nello zainetto, non ricordavo quanto mancava e non capivo che ore fossero, le gambe erano legni dopo la salita al freddo.
In quel tratto, il più brutto sia fisicamente che psicologicamente dopo la ripida salita della pista da sci, trovai un concorrente col suo supporter che mi aiutarono a farmi tornare lucido, li ringrazio ancora oggi senza di loro forse non sarei riuscito a farcela.
Arrivai al Tonale, il passo paradiso era chiuso, il tempo era pessimo, poi la riapertura, la gioia, mi ripresi al caldo della macchia dopo essermi cambiato partimmo col mio supporter fin su, lunga eterna, la notte che oscurava la strada e il sentiero, i track che non funzionavano, non sapevamo quanto distava il traguardo, il crollo definitivo ai -2km dalla vetta, basta voglio tornare giù sono sfinito, ma il mio supporter prese la situazione in mano mi costrinse passo dopo passo a continuare e alla fine intravedemmo la meta cosi ambita dalle 4:00 della mattina, ce l’abbiamo fatta, ci siamo riusciti, quel traguardo, le lacrime, non riuscivo più a capire niente, entrai nel rifugio, l’abbraccio e le parole di Max mi resteranno sempre nel cuore.
La domenica mattina alla premiazione la gioia continua, le emozioni continuano, la cerimonia della consegna della maglia da finisher è a dir poco stupenda, senti di aver fatto qualcosa di pazzesco mentre tu non te ne sei reso conto , le foto e i saluti.
Lo stone non è solo una gara è un viaggio dentro te stesso alla ricerca del tuo punto debole per superarlo , le emozioni , non si possono definire, si deve farlo per poterlo capire , spiegarlo non basta !!
GRAZIE DI TUTTO !!!!!

 
Simone

Aprica, Mortirolo, Gavia e ancora Valbione, Tonale, Paradiso, nomi che evocano gesta leggendarie di uomini mitici, ecco che a Gennaio si fa strada nella mia testa l’idea malsana di partecipare a questa impresa quasi impossibile: STONEBRIXIAMAN 4km a nuoto nel lago d’Iseo, 180km di montagne in bicicletta, 42km di trail in montagna.
E allora sotto con gli allenamenti (ma senza esagerare!) rulli e corsa per lo più, considerando che l’allenamento di nuoto prende troppo tempo e alla fine conta pochissimo, meglio concentrarsi sulla bici (180km 4700mt dislivello+) e sulla corsa (42Km trail 2350mt dislivello+): in Aprile mi iscrivo.
Meno male che la base fisica è buona, perché gli impegni lavorativi e familiari, conditi da un mese di Maggio impietoso sotto il profilo meteo non mi permettono un allenamento come si deve: concentro tutto nel mese di Giugno con 4-5 uscite lunghe e le ascese più importanti della Brianza (Nesso, Ghisallo, ValCava, Sormano, Culmine di San Pietro) e corse in notturna nei boschi attorno a casa.
Ed eccomi qui, sulla barca che mi porta dall’altra parte del lago di Iseo, sono le 3.30 del mattino, io con la mia fidata muta (ormai segnata dal tempo e dalle battaglie), scambio qualche battuta con i vicini, tutti tesi: il lago nero ci aspetta per la nostra sfida, guarda bene la costa, controlla il percorso che costeggia l’isola, controlla il punto di arrivo e stai tranquillo che sei allenato. Più di così non potevi prepararti data la situazione.
Ore 4.00 Via! Parto piano, tanto so che arriverò tra gli ultimi, prevedo 1h25’ se va tutto bene, ma dopo una mezz’oretta mi trovo da solo in questo lago, alzo la testa e non vedo più nessuno: dove siete finiti? Eppure mi pare di andare nella direzione corretta.
Dopo poco mi accorgo che non mi sto neanche avvicinando al punto di approdo, ma quanto è lontano?
E d’un tratto mi scontro con un altro concorrente: ma lo conosco è Valeriano di Camparada, andiamo assieme penso e lo saluto, lui si accorge che sono io (nonostante l’affanno, gli occhialini, il buio) proseguiamo.
Dai dai, fino alla fine, adesso albeggia un po’, si vede meglio e comincio a distinguere le lucine dei concorrenti là avanti, allora ci sono, approdo tranquillo, forse troppo, infatti controllo l’orologio 1h40’, minchia ho nuotato all’indietro! Meno male che non sono ultimissimo, ci sono ancora 6-7 bici in zona cambio.
Tolgo la muta veloce e sono già in sell, ovviamente mi si è rotta la lampo della maglietta bici e non riesco a chiuderla, prendo un po’ di freddo, ma ho Valeriano davanti e quindi (mantenendo sempre i 10mt di distanza – la scia è vietata! – ) tengo lui come riferimento, poi passo un po’ in testa io, intanto si sono fatte le 8 e la temperatura sta salendo.
Ed eccoci a Corteno Golgi, qui la strada dovrebbe iniziare a salire dolcemente.
Le gambe non girano, forse ho preso freddo, non so, forse sono scarso, non ho mangiato abbastanza, non ho bevuto, non so, che casino qui sono al 70esimo km e sono alla frutta, ma come diavolo faccio a farmi tutte quelle montagne lassù?
Non faccio in tempo a piangermi addosso che mi si para innanzi uno strappo secco almeno al 12% corto si, ma duro duro, mi volto e vedo il mio socio arrancare; io attacco di petto, ci provo, e le gambe metro dopo metro si sciolgono e mi portano su, su, inizio a superare dei concorrenti ed altri ciclisti di varie nazionalità. Sguardo verso l’Aprica e via, saluto tutti e alè alè, piccoli uomini davanti ad una sfida più grande di noi.
Qui a destra, verso Trivigno si arriva poi al Mortirolo, è una salita più semplice rispetto alle altre due classiche da Mazzo o da Monno, ma comunque impegnativa, io la faccio agile tutta sui pedali (à la danceuse! Come disse il mio amico Jerome sul Ghisallo, io solo cosi riesco ad andare, ecchecipossofare?)
Arrivo sul passo Mortirolo ed ecco il buon vecchio amico Mec che mi fa una ripresa e mi insegue col pandino, riprendendomi mentre mi lancio in discesa, veloce, ma non troppo (tengo famiglia!).
Arrivo a Monno, bello rilassato ed adesso salita lunga al 4-5% fino a Ponte di Legno: passo a Vezza d’Oglio e mi ricordo che devo mangiare il mio secondo panino, ormai sono le 11 passate e sono in giro dalle 4.
Mi sparo anche una barretta e bevo una borraccia intera, mannaggia questa salita “dolce” mi sta spaccando, riesco però a superare ancora un paio di concorrenti messi peggio di me ed ecco Temù, ci sono quasi!
In tabella di marcia perfetta arrivo verso le 12.30 a Ponte, mi ristoro un attimo ed alzo lo sguardo sulla grande montagna lassù, il Gavia! Un nome che evoca imprese memorabili, timore, rispetto, ansia… avanti vecchio che ti aspetta l’ultima fatica ciclistica, le gambe ci sono, la testa pure… speriamo di tenere sino alla fine!Affronto la salita come da manuale e come il video di Cassani con Chiappucci, visto mille volte durante le sessioni invernali sui rulli, mi suggeriva: parti tranquillo, le pendenze iniziali non sono impossibili e ti invitano a tirare, ma tu non farti ingolosire, dopo l’abitato di S. Apollonia la strada si stringe e le pendenze aumentano costantemente sopra il 10% poi all’uscita del bosco si riposa un po’, grazie ai tornanti, e infine alla galleria ritornano pendenze toste fino quasi all’arrivo.
E così seguo lo schema pensato e rivissuto a casa tutto l’inverno, e meno male che me l’ero studiata se no sarei rimasto anche io come quel ragazzo disteso a terra sul tornante: “Hey devo chiamare soccorsi?” – “No no grazie provo a ripigliarmi, vai tu che ne hai” – mi dice – e io vado: mi arrampico come formichina sul monte gigante, ma non mi fermo no, io non mi fermo, e no che non mi fermo non mi fermo, e no che non fermo nonmifermo!
Un moderno Jovanotti rivisitato per l’occasione, ed ora arriva una mini crisi, ho finito l’acqua e mi serve, sono a più di 2.000 metri di altitudine e ho una sete bestiale, fa caldo qui, sono le 13.30 e il sole non perdona, non c’è una fontanella?
Aiuto!
Ma che culo, sento scrosciare una mini cascata accanto alla strada, è mia! Sarà buona? Ma chemifrega se non bevo qui ci lascio le penne, quanto è gelata e buona, non riesco quasi a berla, ma va giù mi dà forza, energia, ristoro, e allora ancora su e sono arrivato!
Roba da matti, ce l’ho fatta!
Mi fermo? NEIN!
Ho già bevuto, posso andare giù e mangiucchiare qualcosa in discesa, VIAAAAA e mentre scendo vedo ancora concorrenti risalire, sguardi stralunati, mani avvinghiate sui manubri sudati, zigzagano sui tornanti: dai ragazzi alè alè è finita, siete forti daidai! In un batter d’occhio arrivo giù in zona cambio, ecco il Mec che mi fa riprese, l’amico dell’organizzazione Max mi dà del “rilassato” ed io in effetti sono tranquillo, adesso posso pensare all’ultima e più difficile frazione.
Parto soft, sono in orario sui cancelli di chiusura, vediamo un po’ com’è.
Corricchio un po’ ma dietro una curva in paese la strada si snoda salendo verso un pratone, meglio camminare.
Mi godo il panorama ed una fonte fresca alla mia sinistra, che bello qui! Continuo a camminare, nei tratti in cui spiana corro un po’, le gambe tengono, evvai.
Ma subito dopo il pratone, la strada si impenna improvvisa e si inerpica nel bosco con una pendenza assurda, ahi!
Crampo al vasto mediale, mi devo fermare, faccio due passi e il crampo ritorna più tosto di prima – ahi! ahi! – avrò fatto 3 km di corsa al massimo e sono già in queste condizioni: che fare? Sono immobilizzato in mezzo a questa erta, non ho scampo, la gamba non mi regge, la tiro, riprovo un altro passo ma niente, parte un dolore lancinante.
Bon, allora devo provare ad andare avanti come uno zoppo, cosa fanno gli zoppi? Usano le stampelle!
Mannaggia i miei bastoncini da camminata sono su un cima al Tonale, ma che dico?
Qui sono in un bosco, è pieno di stampelle! Cerco e trovo un bastone li vicino, e provo a camminare facendo forza con le braccia: sembra non funzionare, invece no! Funziona!
Scarico tutto il peso sul bastone e la gamba destra si rilassa, meno male che sono ancora lucido e ho trovato questa bucolica soluzione. Io questo bastone non lo mollo più!
Riesco ad inerpicarmi fino in cima questa collina, poi spiana e riesco anche a correre!
Vado avanti cosi, supero Temù e salgo verso Valbione in compagnia di 2 amici trovati sul percorso, non so i loro nomi ma i visi tirati me li ricordo bene, finché arrivo di nuovo in città a Ponte dopo 22km – fiuuuu – appena in tempo!
Si aprono le cateratte del Cielo e viene giù un temporale come solo in montagna.
Mi riparo sotto il tendone e non mi bagno neanche un pochino: approfitto per rifocillarmi e aspettare che spiova, tanti mi passano davanti (saprò poi che molti saranno fermati in stato di ipotermia in cima): “Ma siete pazzi? Vi infradiciate per niente e con il sudore e la stanchezza vi fate male, tra 10 minuti vedrete che smette…” ma niente ormai molti sono in trance agonistica e non mi sentono neanche più.
Smette di piovere, si va!
Mancano una ventina di km sono le 18:20 e devo arrivare su al Tonale entro le 21 altrimenti mi fermano, vai ragazzo, trotterello in città su un tratto in dolce pendenza: arrivo sotto alla pista che dal Tonale scende a Ponte, alzo lo sguardo è ripidissima, ma io ho il mio fido bastone!
E allora avanti, anzi ne trovo un altro e via come un viaggiatore d’altri tempi con i due bastoni a darmi una mano, arrivo così a Trivigno dove c’è il ristoro, mangio, bevo, raggiungo un concorrente con il suo supporter (il mio – la mia collega Silvia – mi aspetta più su) e via di nuovo. Mentre cammino, comincio a pensare che al Tonale ci arrivo ma sono al pelo, quando ecco che vedo Silvia li ferma ad aspettarmi.
Ma non mi vede? Sarà in trance agonistica (?), la chiamo : “Uè che fai, andiamo?” – Mi raggiunge e comincia a farmi foto e riprese, il Tonale è li dietro ce la facciamo di sicuro.
Io di sicuro so solo che se arrivano i crampi non vado da nessuna parte e dopo 13 ore di gara non voglio essere fermato!
Vado avanti imperterrito, Silvia, lì accanto, che mi assicura che siamo proprio vicini, ma a me pare che non si arrivi mai. Controllo l’orologio. Sono le 20.15 quando arriviamo al cancello del Tonale, alè! 3 quarti d’ora di anticipo sul cancello finale, adesso me la prendo con calma, ci obbligano a cambiarci e vestirci pesanti (su ci sono 5 gradi e ragazzi arrivati in ipotermia), perdiamo una mezz’oretta e ripartiamo, mancano 8km circa sentiero di alta montagna, brrrr!
Cammino a testa bassa, Silvia dietro che fa un po’ di fatica, scarpe non adattissime, ma le
uniche che riusciva a mettere oggi: ieri sera si è picchiata il mignolino contro la porta, ma si può???Arriviamo ad una galleria, bisogna accendere le frontali, non si vede nulla e fuori è quasi buio ormai sono circa le 21.30, ma dove va questa strada? Guardiamo un torrente, saliamo su rocce, sassi che si spostano, il sentiero è segnato bene e lassù vedo le torce che si muovono, fantasmi di montagna alla ricerca del traguardo, che non arriva mai.
Ma le gambe vanno via bene, superiamo un concorrente che non ce la fa più, cerco di rincuorarlo non so se mi sente, barcolla un po’ non manca molto – alè alè dai dai.
Ecco una luce rossa e forte, prima attraversiamo la neve qui, i rigagnoli d’acqua là, eccoci alla luce e dopo una curva ecco il traguardo!
Sono le 22.50 ce l’abbiamo fatta, le gambe hanno retto, la testa pure, mi fa male tutto ma sono contento.
Ho dimostrato qualcosa? No, niente, sono solo contento di aver portato a termine una delle più belle gare che mi sia capitato di fare, lo sapevo che ce l’avrei fatta, ma solo abbracciando grandi sfide puoi conoscere te stesso ed i tuoi limiti.
E per ora sono ancora felicemente Limitless!
IronStoneNico
 
Nicolò Zanetta

Non una gara ma un viaggio incredibile, un viaggio pieno di paure prima, ma di forti fortissime emozioni dopo che ti cambierà per sempre. 
Non si può raccontare la brixia, non esistono parole, non le potrebbero capire, te la porti dentro per sempre.
Ho condiviso questa esperienza con i miei famigliari e amici, con mio figlio che mi ha seguito negli ultimi km.
Solo a ricordarlo mi vengono le lacrime.

Non avrò mai le parole adatte per ringraziare tutte le persone che hanno lavorato per farci arrivare in Paradiso.

Questa é stata la mia seconda brixia portata a termine. Grazie

Diego Saba

È con molto piacere che ti racconto il mio Stonebrixiaman.

Partiamo dal fatto che non sono un Ironman, non ho mai corso una maratona in vita mia, non amo tutto ciò che mette “fretta” e la classifica è solo numeri.

Ho partecipato a Stonebrixiaman in quanto il 2019 rappresenta il mio 10° anno di matrimonio e quindi ho voluto con mia moglie Silvia, la quale mi ha fatto da Supporter, festeggiarlo al Paradiso, in quanto tutto il contesto rappresenta per noi la nostra quotidianità:

Il lago d’Iseo è dove nasco Windsurfista e dove abitiamo.

Il Mortirolo e Gavia sono i nostri passi estivi preferiti in bici

Il Paradiso è sci alpinsimo

Stonebrixiaman è stato per me la realizzazione di un sogno e un insieme di emozioni fantastiche.

Grazie

Mauro Riva

Allora premetto che per me quest’anno la gara, o meglio la sfida (con se stessi) aveva un importanza particolare: la rivincita! E si quest’anno dovevo pareggiare i conti, perchè l’anno scorso sono stato fermato al Passo del Tonale alle 21.15!!. Ci rimasi male, perchè purtroppo non avendo mai fatto queste gare non avevo capito il significato dei cancelli, ma avevo come obbiettivo il solo traguardo! Quest’anno sono tornato per riprendermi una rivincita, ma anche con la consapevolezza che avrei potuto perdere di nuovo, perchè in questa gara gli imprevisti sono tanti e diversi. C’è da fare i conti con la stanchezza fisica, mentale, con le condizioni climatiche, e rimanere sempre lucido per i cancelli ed in generale per la gara, specialmente nella frazione di bici. Quest’anno sono tornato con Gianluca, mio amico, ed è stato un supporter eccezionale per tutta la gara, dove nella frazione di corsa insieme ci siamo tolti una bella soddisfazione. Sono ancora emozionato, ma soddisfatto e fiero, perchè al ritorno, e premetto che noi abbiamo fatto una bella trasferta, ho potuto dire a Tina, mia moglie, ed ai miei tre figli, Elena Alessandro e Matteo che hanno un marito e padre STONE!!! Voi avete organizzato una gran gara. Grazie e un saluto.

Armando Repagna

Ho vissuto tre giorni indimenticabili di vero sport, dove la priorità non è il crono ma goderti l’evento è arrivare su quella cima.
La mia gara era dedicata a delle persone importanti della mia vita che non ci sono più e arrivare lassù è stato come essere più vicino a loro!!
Obbiettivo raggiunto direi!!
Per il resto direi che ti rendi conto dell’impresa compiuta dopo qualche giorno, soprattutto grazie ai miei accompagnatori. Difficile trovare un altro evento che ti regala le stesse emozioni. Grazie a tutto lo staff TriOEvents.
A presto!!!
Donato

Finisher in 18 ore e 16 minuti!! Tutto come programmato, compresi i crampi salendo al Gavia!!
La sera del venerdì, dopo la preparazione della zona cambio e la cerimonia di consegna del pettorale, ho cenato e mi sono imbustato nel fodero, per dormire il più possibile.
Dormo filato e bene fino alle 12, ed ancora fino all’una del sabato, quando suona la sveglia.
Bella dormita, riposato bene e sono tranquillo. Questo è un ottimo segnale!! Colazione e via, finalmente si va!!
Dopo la rifinitura della zona cambio (gomme, vestiario, muta, ecc…), alle 3.20 c’è la spunta e ci imbarcano in direzione Tavernola, esattamente sponda dirimpettaia a Sulzano.
Ovviamente è buio.
Cominciano ad illuminarsi le luci applicate alle boe dei vari concorrenti che sembra siano agitati come lo sono io!!
Sbarchiamo, e sulla sponda di Sulzano la protezione civile accende un potente faro che manda un fascio luminoso verso il cielo; sarà il nostro punto di riferimento, la direzione da seguire durante la traversata.
Alle 4.00 si parte.
Dopo le prime agitate bracciate, imposto il pilota automatico e seguo la direzione, dritto per dritto verso il faro, passando sotto la costa di Montisola e tenendo l’isola di S.Paolo a destra.
Non forzo, tengo un ritmo molto confortevole e piano piano i concorrenti si sfilacciano, fino a non vedere più nessuno intorno. Ma il faro è là, Montisola a sx e quindi a tutta dritta, avanti così!
Passo vicino alla costa di Montisola tutta illuminata, ormai l’isola di S. Paolo è superata e comincia ad albeggiare. Che figata!! Nella respirazione a sinistra vedo il mio monte Guglielmo, ed ora oltre al faro riconosco anche il paese.
Vai, le ultime bracciate ed approdo a Sulzano.
Sono accolto da molti tifosi tra i quali riconosco Angelo, il mio supporter.
Mi accompagna e mi prepara la borsa contenente il vestiario bike.
Mi accomodo nello spogliatoio e Angelo mi aiuta alla transizione nuoto-bici, preparandomi il completino per la prossima frazione di gara.
Parto alle 5.30.
Mi fisso 4 obiettivi parziali che spero alleggeriscano il carico: Edolo, Mortirolo, Ponte di Legno, Passo del Gavia e comincio a pedalare ad un buon ritmo.
Qui c’è poco da dire, c’è solo da pedalare.
Al bisogno sento Angelo che mi raggiunge in auto e lo incarico di farmi il pieno alle borracce.
Come da programma arrivo ad Edolo dopo 2 h e 30′ e comincia la salita.
Subito una dura rata verso Santicolo e Corteno Golgi, poi verso l’Aprica e a destra verso Trivigno.
Non mi sono ancora fermato e quindi pianifico una sosta tecnica dove il mio supporter mi fa un massaggio ai quadricipiti con la mia crema magica. Ne approfitto per riempire le borracce e mangiare.
La gente che mi supera mi incita a non mollare, ma la mia è solo una sosta pianificata!
A Trivigno c’è la mia borsa rossa contenente il rifornimento di gel ed un panino con la bresaola.
Via subito verso il Mortirolo e giù a bomba a Monno.
Mancano 15 km a Ponte, poi c’è il mostro, ma io sono qui apposta!!
Altra sosta tecnica con massaggio a Ponte di Legno e su verso i 2600 mt del passo del Gavia. Sono 16 km con 1400 mt d+.
Sto bene, ma appena uscito dal paese avverto il primo crampo all’interno coscia; tutto sta andando esattamente come previsto, compreso questi crampi.
Rallento perché a breve ci sarà un km al 14%. Ovviamente questa cosa mi fa agitare, ma cercando di respirare bene proseguo. Vedo il gruppo della prima donna e capisco che sto andando bene.
L’ambiente circostante aiuta, vado vado fino al crampo successivo.
Questa volta devo fermarmi, strecciare, bere.
Mancano 6 km durante i quali avrò un’altra sosta crampo, ma poi l’altimetro dice 2600 e non c’è crampo che tenga.
Giro di boa, mangio il panino con la bresaola, bevo, indosso lo spolverino lungo e giù a giaccapiana.
Gran bici, amo la mia Bianchi!! Sono in perfetto orario.
Arrivo a Ponte di Legno prima delle 15, dopo 9 h 20′ di bici, 175 km e 3800 mt d+.
Angelo mi aiuta nella T2: mi spoglio nudo e mi vesto per il trail della terza frazione di gara.
Saluto il mio supporter e ci diamo appuntamento fra 20 km e 1000 d+.
Io vado, ora gioco in casa e so esattamente cosa sto facendo e cosa mi aspetta.
Cammino bene in salita e corro in piano ed in discesa.
Sento che sono preparato e basta accelerare che il motore risponde.
Crampi non pervenuti!!
Anche questa frazione l’ho divisa in 4 parti: salita da 500 d+ e giù a Temù, salita da 500 d+ e giù a Ponte, su in Tonale (500 d+) e poi gli ultimi 800 d+ verso il Paradiso.
Come da programma alle 18 sono a Ponte di Legno, dove Angelo mi sta aspettando anche lui in assetto trail.
Che bello rivederlo!!
Comincia a piovere e dopo aver indossato la giaccia impermeabile, inizia un forte temporale. Ma noi siamo attrezzati e procediamo di buona lena verso il passo.
Ovviamente lui è brillante ed io sono concentrato a dosare le forze.
Dopo circa due ore arriviamo in Tonale, dove c’è l’ultimo cancello; siamo avanti un’ora, bella storia!!
Noi siamo carichi, ma la direzione di gara non ci fa proseguire, perché sostiene che in cima fa freddo e c’è vento.
C’è gente in ipotermia, perché ha preso il temporale sprovvisto di indumenti adeguati.
Ma noi due no, siamo attrezzati, non abbiamo preso un filo di freddo ed ormai il cielo è sgombro di nuvole.
Dopo poco abbiamo il via libera e sù verso il Paradiso.
Angelo, di nuovo, mi cadenza un buon passo e nel frattempo comincia a fare buio.
Accendo la frontale ed ora manca davvero poco.
Niente crampi, molto bene.
Davanti c’è la prima donna e Angelo vuole a tutti i costi superarla.
Io vedo le lucine là in cima, mancano 400 d+ e gestisco, alla grande!!
Ultimo gel e via, superiamo un pò di gente.
Arriviamo al passo e finalmente vedo il tappeto azzurro ed il gonfiabile del Paradiso.
Vai, ci siamo… Emozioni e via, io e Angelo siamo arrivati dopo 39 km, 2300 d+ in 7 ore e 20 minuti. Alè
Finisher in 18 h e 16 minuti, 39° assoluto (ma qui la classifica non conta!!). Atleti partenti 108, arrivati 60
Mauro Frosio

Mi sono approcciato al triathlon perché il mio sogno era fare un Ironman, ma dopo averne fatto uno ho capito che volevo qualcosa di più, qualcosa che fosse una vera sfida con me stesso, una gara dove la vera difficoltà era finirla.

Ci sono alcune gare nel mondo di extreme Triathlon, ma io ho scelto Stonebrixiaman perché la parte in bicicletta la conoscevo, avevo fatto quelle salite nelle granfondo ed ero rimasto affascinato e quindi mi sono iscritto.
Il primo anno avevo una paura pazzesca di nuotare di notte e invece è stata un’esperienza fantastica, solo le luci della riva e delle nostre boe nel buio più assoluto.

Sembrava più una seduta di training autogeno che una nuotata, sono entrato in contatto con il mio corpo e il mio spirito e mi sono caricato a molla, volevo salire in bici e pedalare.
La bicicletta è assolutamente splendida, si parte dal lago d’Iseo e si attraversa tutta la Valcamonica fino ad arrivare all’Aprica per affrontare il Mortirolo da un lato più facile che da Mazzo, ma sicuramente impegnativo.

Dopo la discesa si arriva a Ponte di Legno e da lì si parte per la sofferenza, sua Maestà il Gavia non perdona e affrontato nelle ore più calde della giornata non aiuta, la strada sale e sembra non finire, sai che dopo la galleria è finita ma non scorgi l’arrivo e sembra non arrivare mai ma finalmente sei in cima, bevi, mangi ti copri e ri-scendi a velocità fotonica a Ponte di Legno.

Di nuovo in Piazza dove c’è sempre un tifo spettacolare e i vari supporter e compagni. Cambio veloce e si parte per un trail abbastanza impegnativo fin da subito, poco asfalto e belle salite toste dove in pochissimi corrono soprattutto dopo nuoto e bici.
Si corre nei boschi e nelle frazioni intorno a Ponte di Legno dopo circa 21km sei di nuovo in piazza e questa volta si parte attraverso la pista da sci in direzione passo del Tonale.

Una volta al Tonale l’ultimo check, controllo materiali e partenza con il proprio supporter che negli ultimi 8 km è fondamentale più per lo spirito che per la reale pericolosità del percorso.

Anche qui l’arrivo non si vede fino all’ultimo, si deve arrivare in cima per vedere sotto il rifugio e l’agognato traguardo. Attraversare quel gonfiabile mi fa sempre commuovere, ho fatto tutte e quattro le edizioni e le ho finite tutte, ma ogni volta è un’emozione diversa, mi emoziono come un bambino che trova il regalo che voleva sotto l’albero di Natale.

All’arrivo ci sono parenti, amici e gli organizzatori che ormai sono come una famiglia, è bellissimo ritrovarsi con gli occhi gonfi di lacrime per l’emozione e poter abbracciare la persona che ti aspetta dalla partenza che è avvenuta alle 4 del mattino.
Penso che fino a quando avrò le forze sarà la gara che farò ogni anno.
Dovete provarlo, potrebbe essere la cosa più bella che vi è capitata nella vita.

Marco Vanetti

Il ricordo dello Stone è ancora molto intenso e raccontarlo ai vari amici in questi giorni è motivo di soddisfazione.
Anche perché il 17 Giugno scorso ho avuto un incidente in bici (la ruota anteriore si è infilata in una grata di un tombino) durante il quale mi sono rotto il naso oltre a riportare dei punti sotto il mento e diversi dolori.
Tant’è che fino all’ultimo sono stato indeciso se partecipare.
Alla fine non ho voluto abbandonare un sogno e duri allenamenti di un anno e ho deciso di provarci.
Amo la montagna e conosco molto bene la Valcamonica e le salite dello Stone (le avevo fatte innumerevoli volte e secondo me il Gavia è tra le più belle di tutte le Alpi ), ma farle in gara ha un fascino ancora maggiore.
La frazione di nuoto (era la prima volta che nuotavo di notte e a dire il vero mi intimoriva un po’) è andata molto bene ed è stata bellissima.
Poi, come detto, nella bici ho cercato di amministrare le forze sulle salite che conoscevo, ma il Gavia mi ha messo a dura prova. Al termine della bici non sapevo se sarei stato in grado di continuare ma i supporter (io e un altro mio amico che gareggiavamo avevamo 2 amici che ci hanno seguito lungo tutto il percorso in bici e poi dal tonale all’arrivo) mi sono stati vicini è ho iniziato il trail.
Iniziata la corsa, dopo essermi rifocillato, mi sono ripreso e ho chiuso bene l’anello intorno a Ponte di Legno dove poco prima del termine ho incontrato il temporale.
Non sapevo se si poteva continuare, ma arrivato in piazza a Ponte di Legno vedevo i concorrenti coprirsi e partire quindi, rinfrancato, mi sono cambiato e via!
Sono arrivato alle 20.30 al Tonale dove mi attendeva il mio supporter e dopo essermi cambiato di nuovo (altra pioggia salendo al Tonale) siamo partiti alla volta del Paradiso.
La prima parte è andata via liscia chiacchierando con molti altri atleti poi, quando mancavano tre km al traguardo, è riuscita la stanchezza e l’incedere si è fatto lento lento, ma ormai ero contento, appagato e mi sono goduto ogni passo fino in cima sotto una mezza luna che indicava la rotta.
L’arrivo è stato emozionante (nei programmi iniziali pensavo di salire dal Tonale con mia figlia, ma altri impegni non le hanno consentito di esserci ) e tagliare il traguardo è stato un turbinio di emozioni.
Che dire in fine…durante i momenti di scoraggiamento e fatica mi dicevo: “Non rifarò questa gara, è troppo dura!”
Poi il giorno ho incominciato a chiedere la data della quarta edizione perché lo Stone è per sempre e ti regala emozioni che vanno oltre le parole.
Maurizio Provenzale

Quando mi sono chiuso la porta alle spalle, sapevo che sarei tornato in ogni caso diverso: se fossi riuscito nell’impresa – cosa che francamente speravo con tutto me stesso – avrei spostato un passo più in là la percezione che avevo dei miei limiti e dunque sarei tornato in un certo senso vincitore.
Sarei riuscito nell’intento più arduo della mia carriera sportiva fino a quel momento, una sfida sul piano fisico, ma soprattutto mentale, fuori dal comune. O meglio, fuori dal senso generale che la gente ha di ciò che è considerato “normale”.
Ma le chance di riuscire erano pari a quelle di uscirne sconfitto.
E la sconfitta – ahimè – è una lezione dura da apprendere per uno sportivo. Anzi, è una lezione dura da apprendere, punto. Come sarebbe cambiata la considerazione che avevo di me stesso se avessi fallito dopo aver investito così tanto tempo ed energie e pensieri in questa impresa?
Dopo che avevo passato gli ultimi 7 mesi ad allenarmi solo per questo evento?
Sarei stato capace di continuare con lo stesso entusiasmo di prima? A partecipare alle gare – e in generale ad affrontare le sfide della vita – senza il timore di non arrivare fino in fondo? Avrei messo forse da parte il sano spirito agonistico, lo slancio al miglioramento di me stesso?
Forse la lezione da imparare era proprio questa: ammettere la possibilità del fallimento, senza per questo sentirsi fallito come atleta e come essere umano. Razionalmente lo puoi comprendere – addirittura accettare – ma dentro di te sai che cambierebbe tutto e lotti con tutto te stesso contro questa possibilità.

Avevo incrociato Stonebrixiaman un anno e mezzo prima, quasi per sbaglio su internet, dove vidi la pubblicità di questa gara di triathlon estremo su distanze ironman e con dislivelli che all’epoca consideravo semplicemente folli.
“È fuori discussione, è troppo”, pensai.
Fino ad allora avevo partecipato solo a poche gare di triathlon olimpico e corso qualche maratona.
Tempi assolutamente onorevoli, per carità, ma pensare di nuotare per 3,8 Km di notte in mezzo al Lago di Iseo, per poi inforcare la bicicletta per 175 Km fino al passo Gavia, passando per Aprica e Mortirolo e infine correre un trail di 40 Km mi sembrava assolutamente fuori dalla mia portata.
Poi, l’estate successiva, al mare, incontrai un amico che mi raccontò con entusiasmo di aver partecipato proprio a questa gara. E così un tarlo iniziò a farsi strada nei miei pensieri fino a che, a gennaio mi ritrovai iscritto.
D’altra parte questa stessa sensazione l’avevo già provata in precedenza, molti anni prima, quando il gruppo di amici con cui nuotavo si era cimentato nel giro a nuoto di Monte Isola: quasi 9 Km nelle acque del lago di Iseo, che all’epoca mi limitai a guardare dalla strada, seguendo con ammirazione mista a invidia le performance dei miei compagni di vasca.
Ricordo che pensai: “prima o poi lo farò anche io”, riponendo subito quel proposito nel cassetto delle “cose-da-fare-almeno-una-volta-nella-vita”, insieme a tanti altri. Ma poi, quando qualche anno dopo mi trovai in mezzo alla mischia alla partenza di quella stessa gara, mi resi conto che la distanza tra il voler fare e il fare sta solo nella volontà, nell’impegno e nella determinazione che ci metti. Ho sempre pensato che le scelte radicali non possono mai essere prese gradualmente: magari maturano dentro di te per anni, ma poi si manifestano all’improvviso, come un fulmine che squarcia il cielo.
Capisci all’improvviso che è il momento di farlo e lo fai. E così decisi di iscrivermi a Stonebrixiaman. E per essere sicuro di non tirarmi indietro, lo dissi praticamente a tutte le persone che conoscevo: il dado era tratto, ora bisognava prepararsi!

I mesi successivi sono trascorsi tutto sommato veloci e scanditi dai ritmi degli allenamenti, sempre più lunghi e sempre più faticosi: era ormai un pensiero fisso e tutte le mie giornate giravano intorno alla preparazione della gara.
I weekend erano organizzati in funzione del lungo in bici e del doppio della domenica. Insomma, non vedevo l’ora che arrivasse presto quel giorno. E quel giorno presto arrivò. Ricordo l’emozione del pomeriggio al briefing, il caldo, il sudore, la voglia di partire, di fare quella dannatissima prima bracciata.
Ricordo la paura, il buio, la gente sul battello per arrivare sull’altra sponda del Lago di Iseo. Ricordo ogni singolo metro in bici, ogni centimetro del percorso, provato e riprovato e comunque sempre nuovo. E ricordo i miei amici, fidati compagni di avventura, che non potrò mai ringraziare abbastanza per avermi accompagnato lungo tutto il viaggio.
Un viaggio che era iniziato tanti mesi prima, quando abbiamo iniziato, insieme, a disegnare idealmente il percorso e i punti di ritrovo e la logistica. E ricordo i sorrisi, le battute l’entusiasmo, anche quando, sotto la pioggia battente del Passo del Tonale, vestiti con tutto quello che avevamo, coperti da sacchi neri della spazzatura per cercare – impresa vana – di non bagnarci, siamo stati costretti a fermarci all’ultimo ristoro.
La paura che fermassero la gara, il sole, tra le nuvole.
Si riparte, l’ultima salita verso il Paradiso. Arrivati! Che emozione, che esperienza, che gioia incontenibile! Grazie amici, grazie per essere stati compagni di viaggio.
E grazie Stone Brixiaman, grazie per avermi fatto credere che ce l’avrei fatta: sì, ce l’ho fatta!

Pasquale Mirabella

Premessa: avevo seguito la prestazione del mio amico e compaesano Angelo che aveva partecipato all’ICON di Livigno nel 2017 arrivando quinto (e quarto nel 2018: chapeau).
Avevo pensato che quello fosse un tipo di triathlon che mi interessava: non sono il tipo da gare con 2500 partecipanti, tonnara di partenza, giri di boa, circuiti, un sacco di asfalto etc.
Deve essere qualche cosa di bello.
Certo l’ICON era un po’ tosto per uno che non sapeva (e non sa) nuotare; ma mi era caduto l’occhio sullo Stonebrixiaman che nel 2018 cadeva il 7 di luglio data nella quale decise però di sposarsi mia figlia Gaia quindi nulla da fare.
Rimandato al 2019. Iscritto. E iscritto anche il mio amico Stefano, che esercizio fisico lo fa per mestiere oltre che per passione. E siamo dunque a noi.

Il fondo un po’ ce l’ho, gare di 40 ore non mi spaventano.
Cerco di imparare a nuotare: impresa non semplice da iniziare a 55 anni. Uscite in acque libere poche.
Qualche Levanto-Bonassola, ma mai in un lago.

Un po’ di lunghi in bici, 270-280 km. E lunghi in montagna o misti. Insomma quello che si riesce, con costanza ma senza troppa scientificità. Ad ogni modo è l’ora.
Preparata la logistica, il cibo (patate lesse, uova sode e panini al salame: vietato ridere.) e le sacche si parte con Silvia, la moglie.

Alle 13 arriviamo a Sulzano; ritiro il pacco gara e la busta con tutto il necessario tranne il pettorale che viene consegnato “ufficialmente” al briefing.

Non avendo mai fatto una gara di triathlon ho qualche problema con tutti gli sticker: non so dove appiccicarli!

Guardo, imito e chiedo spiegando che non ho mai fatto un triathlon e non so nemmeno bene come mettere la bici sulla rastrelliera. Tutti gentili mi spiegano con pazienza come fare. Immaginate in un triathlon con 2500 partecipanti: impensabile.

Nel frattempo arriva il mio amico Stefano che esegue in scioltezza le stesse operazioni. Lui è in camper noi in pensione.

Il briefing non è a Sulzano ma a Sale Marasino a 3 km. Gli avevo già detto che non gli davo un passaggio perché ero certo mi avrebbe portato rogna ed era già abbastanza difficile sapere di averlo in gara insieme, ma alla fine ho ceduto.
Avevo ragione ovviamente! Bene, cioè male ma comunque… eccoci alla consegna pettorali.
Uno degli organizzatori mi fa gli auguri pubblicamente (ecco…). Ma anche questa è fatta.  Raggiungo con Silvia la locanda dove alloggiamo. Circa 250 metri sopra Sulzano: posizione stupenda. Mia moglie è felice, c’è anche la piscina e la finestra si apre proprio sul pezzo di lago che devo attraversare. Si si, bello ma un pelo inquietante della serie “ ‘sti c….” .

Passa la sera, ci si sdraia. Mica si dorme ovviamente anche perché un gruppo di bresciani schiamazza in dialetto fino a mezzanotte.
Ore 1.10 spengo la sveglia prima che suoni alla 1.30. Cerco di uscire dalla pensione con mia moglie che mi accompagna giù in macchina.

Cancello chiuso anche se il proprietario mi aveva detto “non c’è problema, lo lascio aperto”. Primo segno di sventura imminente.

Lo sveglio, scendo in zona cambio. Preparo quanto resta, mi olio tutto come un tonno in scatola (appunto). Ci danno le boe e ci imbarchiamo sul battello per portarci dall’altra parte: guardo meglio i “colleghi”: Son tutti tosti.

Arriviamo. Mi fisso in testa la chiesa dall’altra parte del lago che si vede meglio del faro. Già che è mattina presto dico un Angelus (forse serviva un Rosario completo: terrò presente). Ci bagniamo. Entriamo in acqua. Il pontile precipita, cado in acqua mi faccio male alla tibia (secondo segnale di sventura).
Avanzo alla chetichella a cagnolino rubando metri su metri (sono mezzucci lo so). Via! Dieci concitate bracciate. Affanno. Aria. Terra. Voglio il Sole …. Seh magari….
Non riesco proprio a mettere sotto la testa, non mi sono programmato per nuotare in un lago nero di notte!! E manco mi viene in mente di tentare un improvvisato training autogeno.
Continuare a cagnolino mi sembra esagerato. Cambio animale. Ripiego sulla rana rigorosamente con testa fuori auto-giustificandomi così “vedo bene dove vado, arrivo prima di loro atleti di elevata caratura che nuotano senza guardare”.

A posteriori penso che l’inquinamento del lago abbia inciso sulla mia capacità di ragionamento ma non so.

Mi sembra anche di procedere bene anche se tutto il gruppo punta verso Montisola e io dritto verso la chiesa.

Mi si affianca il gommone dei sommozzatori “tutto bene?”, “si si son solo lento. Che ore sono?”, “ le quattro e trentasei , vai tranquillo ce la fai. Vuoi un caffè? “ – “ no grazie”. Proseguo. Ancora i sommozzatori. “ è fredda l’acqua? “, “no no. Che ore sono? “, “le cinque e sedici , ce la fai ma sbrigati“, “ok grazie non ci avevo pensato”. Albeggia.

Miracolo! Riesco a mettere la testa sotto prima a rana e poi un po’ a stile. Quella casa sulla riva non arriva mai, ci metto un secolo a passarla. Corrente e un pelo di vento, quel tanto che proprio mancava. Ecco perché andavano sottocosta: si è più riparati.

Piego a sinistra verso Montisola. Arranco.

Ultimiiii metriii. Esco. Flash: Gravity, Sandra Bullock, almeno 30/40 secondi per riuscire a stare in piedi.

C’è Lucia, la moglie di Stefano, che mi aspetta sul pontile che mi dice “Lele sei stato bravissimo, adesso inizia per te la parte più facile” – meno male 🙂
Tappeto, bip: 1 ora e 55 mi pare. Un fulmine! Non più di 3 o quattro bici. Mi cambio, mangio una patata lessa (ma perché poi: mai dar retta a Stefano e mangiare le patate lesse).
Esco, inforco la bici che è evidentemente stata manomessa da Stefano: non va, è frenata.

Faccio pochi metri scendo per vedere quale diavoleria oltre all’acqua si è inventato per rallentarmi.
Faccio girare la ruota: perfetta!
Ah! allora son le gambe. Si certo due ore di rana non le avevo mai fatte. Gambe distrutte. Eccheddevofa’!  Pedalo come posso. Sono stupito dal raggiungere il primo posto di ristoro che ancora allestito mi attende. Passano 3 orette sono vicino a Edolo mi sorpassano sia gli organizzatori che Alberto il mio accompagnatore arrivato da Lissone; lo faccio fermare e smonto le protesi, pesano e non servono comunque più (me le dovrei mettere io le protesi).
Ma ecco una sorpresa: passiamo da Corteno Golgi! Dovete sapere che a sinistra della statale c’è un’altra strada che collega Edolo all’Aprica passando da Corteno. Tu vedi la statale che sale e la tua strada no: completamente in piano. E la statale sale ancora, e inizi a pensare il peggio che infatti arriva: strappi continui al 20%.
Con le mie gambe è bellissimo. Supero un collega. San Pietro in Aprica, svolta a destra salita a Trivigno. E qui per la prima volta mi si affianca l’ultima moto di scorta. Certo perché man mano che quelli dietro si ritiravano rimanevo l’ultimo.
Pensionato sui 65 anni, baffi, cavalca uno scooter con scarpe non capisco bene se anti-infortunistiche o da motociclista. “Ciao sei stanco eh, sei l’ultimo”, “azz… come faccio a essere l’ultimo se a Corteno ne ho sorpassato uno? Comunque la tua presenza è inquietante, devi proprio stare qui vicino vicino? “, “si è ritirato quello dietro; almeno mi pare…“ wrommm e sparisce per un po’.
Ritorna: “Adesso sei ancora più ultimo! Però davanti ce n’è uno a 100 metri, se lo superi non sei più ultimo”.
Come dire: minacce nascoste dietro perle di saggezza. Passo l’alpe Trivigno proseguo verso il Mortirolo. Sento un rumore di scooter: è lui: “Ciao, ma avrai mica intenzione di salire il Gavia, secondo me non ce la fai.”
Io:“Ti ho già detto che sei inquietante, ma devi anche portare rogna? Ti manda Stefano?” –  Ah questa motivazione mi mancava. Fortunatamente poco più avanti ne supero due uno stremato a terra e l’altro lì lì per mollare.
Non sono più l’ultimo!
Discesa dal Mortirolo e salita a Ponte. Incontro mia moglie che mi aspetta dopo Monno: mi fermo proprio 30 secondi. Ma ormai è tardi arrivo a Ponte alle 13.30 circa 90 minuti fuori tabella; inizio a salire il Gavia. So che non ce la potrò fare all’ultimo cancello delle 21 ma … amen.
Il Gavia è notoriamente tosto, ma dopo la rana è massacrante. Galleria. Ancora 2 km circa e son su. “su è pieno di gnocca” mi urla uno che scende. Oh cavolo mi tocca fare altre brutte figure … No dai speriamo di no… Tocco il Gavia, nessuna gnocca ma un gentile organizzatore che ha solo 2 bottiglie di acqua.
Scendo (molto bello 🙂 ). Arrivo a Ponte alle 16.30 circa riparto alle 16.45. Si sale con strappi anche durelli. Capisco ancora più chiaramente che il cancello delle 21 è impossibile ma proseguo.
Villa Da Legno: trovo moglie e accompagnatore, Alberto che inizia a trotterellare con me. Nuvole dense. Non so perché ma mi ricordano Igor, quello di Frankenstein Junior: infatti per non farci mancare nulla inizia a piovere torrenzialmente per 2 ore. Arriviamo a Ponte dopo 21 km alle 19.45: 3 ore per 21 km con più di 1000 metri di dislivello sotto 2 ore di temporale avendone superati 6 non è male, ma inutile.
Non arriverò mai al Tonale alle 21. Bastavano arrivare 20 minuti prima e ce la facevo. Mi ritiro e mi fermo. Errore!! Dovevo continuare sarei stato in cima alle 23 fuori gara, ma chissenefrega.
Mi ha fregato il cancello che è diventato il target. Ma il target era il passo Paradiso non il cancello. Sono un cretino. Mi sovviene ancora Igor : “ se la sorte ti è contraria e mancato ti è il successo, smetti di far castelli in aria e vai a piangere sul ….”
Comunque la sorte c’entra poco, non ero abbastanza lucido, il cancello mi ha fregato. Doccia, pizza con Alberto e Silvia e nanna (letto più che nanna, alle 4.50 son già alzato a leggere).
Ho imparato molto. Per imparare bisogna anche (forse soprattutto) fallire (dura lex sed lex).
Target per l’anno prossimo: essere nei primi 20. Ho già iniziato a nuotare nei laghi di notte e Stefano col cavolo che lo riporto al briefing!! Non spegnete la luce della Chiesa: è molto utile.

Emanuele Colombo

Certo che condivido le mie emozioni con voi, ormai mi sento parte di questa famiglia allargata di “Stonati” ?
Non è molto che pratico triathlon, mi sono iscritta l’anno scorso quasi per scherzo e ho fatto solo due olimpici, Caldaro e Iseo e quest’anno mi sono iscritta a questa “gara”.
E, al momento dell’iscrizione, l’unica cosa che mi chiedevo era: sarò preparata? Sarò mai pronta per una mostruosità del genere?
E, ai tempi, ho continuato a rispondermi “Spero e penso di si” perché mi allenerò adeguatamente rispettando assolutamente il mio corpo che per avere 35 anni è già stato operato troppe volte!
Ma, il giorno della gara ho capito che a parte domandarsi se siamo “preparati” secondo me bisogna chiedersi anche se siamo “pronti”.
Forse, come avevo confidato ai miei preziosi compagni di squadra qualche mese fa, l’eccezionalità di un evento su lunga distanza toglie la polvere della noia e dell’abitudine e restituisce tutta la vividezza della Vita.
Per questo forse ne siamo così attratti. Cioè perlomeno per me è stato così!
Perché una distanza Full, perlopiù extreme, secondo me non è una gara. È un viaggio.
E come ogni viaggio che si rispetti è anche una metafora.
Il fatto di prepararsi, capire cosa portarsi appresso, capire che le scelte che farai in nome degli allenamenti ti faranno inevitabilmente lasciare indietro altre cose.
Forse un viaggio breve ci lascia intatte le nostre radici, mentre un viaggio lungo ci porta a sradicarle per chissà quale altra destinazione, comprendere addirittura che allontanarsi da un luogo od avvicinarsi ad un altro luogo ha tutte quelle piccole subdole implicazioni fatte di ricordi, di pensieri, perché viaggiare è anche un modo per scappare dai pensieri più pesanti per inseguire i pensieri più leggeri.

Ma ci sono anche quelle occasioni in cui i viaggi, fortunatamente, sono solamente viaggi. Sfoghi, momento in cui non si ha voglia di metafore, non si ha voglia di pensieri, non si ha voglia di pesanti considerazioni o cose del genere.

Sono momenti in cui si ha voglia di tornare bambini, di sorridere come bambini – e caspita certi sorrisi sembrano essere stati creati solamente per quello, li ho visti i vostri sorrisi all’arrivo di una gara del genere – e di andare.

Partire.
Viaggiare.
Gareggiare.

Anche se la gara che si è scelta sarà una roba inimmaginabilmente durissima e mi farà chiedere un milione di volte chi cavolo me lo ha fatto fare, potrebbe diventare il posto migliore dove andare perché si è stati capaci di trovare qualcosa proprio in mezzo alla sofferenza, proprio in quei posti lì.
Ed in questi casi quindi, gareggiare come sinonimo di viaggiare è il regalo migliore che ci si possa fare.
È stato inevitabile per me trovarmi di fronte a delle crisi durante lo Stone, una molto pesante dopo la galleria del Gavia che mi ha costretta ad una pausa prolungata e non prevista al giro di boa prima di ricominciare la discesa, e una quando sono stata sorpassata nella fase run dalla seconda donna dopo che ero in testa da tutta la gara, ma sono tutt’ora convinta che sono state proprio quella crisi lì a restituirmi valore perché è stato solo quando ero in crisi che sono entrata in contatto con il valore essenziale che quella “gara” aveva per me.
È stato in quel momento che mi sono dovuta ricordare che quella crisi mi stava offrendo anche un’opportunità di cambiamento e stava a me non perderla.
È proprio nella salita che è contenuta la speranza di non retrocedere, di stringere i denti e impugnare tutte le critiche e i soprusi ricevuti, per farli in mille pezzi.
Non sono riuscita a recuperare la testa della gara ma è andata bene così.

Elena è una grande atleta di immensa esperienza ed è stato bello confrontarmi con lei.

Ripeto, sono in questo fantastico mondo del triathlon da troppo poco per avere una visione d’insieme adeguata, ma sempre metaforicamente parlando ciò che mi interessa non è la destinazione, ma chi caricherò con me, che bagagli mi porterò, con chi condividerò questo viaggio e che bivi avrò intenzione di percorrere.
Che se è anche vero che sempre lì andremo a finire, almeno avrò la possibilità di organizzarmi il viaggio per renderlo in più piacevole possibile.
gare come lo Stone sono esattamente il tipo di esperienza che ti fanno capire quanto la vita sia meravigliosa.
E ancora più meraviglioso è stato il fatto di condividere questa esperienza con le persone che amo, una su tutte mia sorella Gemma, e tutti i miei immensi, speciali, unici e meravigliosi compagni di squadra senza i quali non sarei mai riuscita a toccare il Paradiso.
Grazie.

Sara Tanghetti

Mi sono iscritto allo StoneBrixiaMan perché mi sembrava veramente una bella prova con sé stessi.
Ogni volta che partecipo ad un triathlon (di base lunghi) lo faccio non tanto per sfida, competizione e altro ma principalmente per conoscere sempre meglio il mio corpo, la mia mente e il mio spirito, sto bene così.
StoneBrixiaMan mi sembrava l’ideale per approfondire questa conoscenza.
E così è stato.La partenza in notturna è spettacolare e ti fa subito capire che stai iniziando qualcosa di unico.
L’adrenalina, la tensione, la paura e la concentrazione sono portate ad un nuovo livello.
Non è facile nuotare senza punti di riferimento se non una luce a 3.881mt, andare fuori rotta causa corrente è un attimo, non vedere nitidamente i tuoi compagni d’avventura ti fa sentire solo.
Però l’acqua è spettacolare, il silenzio è quasi assordante e vedere le prime luci dell’alba mentre nuoti è bellissimo.
Esci dall’acqua e inizia questa salita lunga 175km, posti incredibili, natura pazzesca, panorami spettacolari.
In cima al Mortirolo percorri una sottile cresta dove puoi vedere a 360° vallate pazzesche, cime innevate, boschi con una varietà di verdi mai visti.
Arrivi in cima al Gavia e sembra di essere sulla luna tra rocce, neve, Lago Nero e altre meraviglie.
Inizia la trail, cambi i movimenti del corpo, riprendi ad utilizzare le gambe immerso nella natura, percorso bellissimo, ondulato ma senza strappi troppo duri nella prima parte.
Mi sento bene, corro bene, corpo-spirito-mente sono felici ma faccio l’errore di lasciare lo zaino a Ponte per riprenderlo prima della salita del Tonale.
Sono al 15esimo km, arriva l’acquazzone, sono in mezzo al bosco, scende la temperatura, sono sudato e inizio a sentire freddo, freddo freddo.
Non è il caso di continuare, è pericoloso, lo capisco e decido di rientrare a Ponte tagliando la traccia della trail.
Corro veloce perché ho troppo freddo, entro a Ponte, arrivo in piazzetta, lascio cip e GPS ai ragazzi dell’organizzazione e vado a bere 1,5lt di thé caldo al bar, comunque felice e soddisfatto di quanto fatto, soprattutto perché ho capito che si può chiudere lo StoneBrixiaMan. Ci vediamo l’anno prossimo. [organizzazione perfetta, grande attenzione e partecipazione da parte di tutti per motivare e incitare i partecipanti]

Claudio Guella

Faccio il mio resoconto targato #BEaHERO

Una follia. Il sol pensiero che passava nella mente prima che tutto ebbe inizio, e non sto parlando della start line, ma a partire dall’iscrizione: si, si è proprio una follia, ma io sono così che ci posso fare? Le follie mi attraggono, mi rapiscono ed ecco che pochi mesi dopo ricevo una maglietta giusto per ingolosire il palato e assaporare ciò che sarà!
STONE – BRIXIA – MAN, tre parole che segnano la storia di piccoli uomini che sfidano se stessi per scoprire, per conoscere, per capire ancora di più quanto nulla sia in realtà inarrivabile se solo lo vuoi.

Iniziano gli allenamenti, i primi dolori qua e là e i primi svarionamenti sul lavoro perché, diciamoci il vero, stonebrixia si fa in allenamento, la gara è solo una grande giornata di emozione dove alla fine ritiri la tua bella laurea in TESTA GAMBE E CUORE alla Università della Follia.
Il tempo passa e i kilometri aumentano, il dislivello aumenta, le vasche aumentano, il cibo aumenta, qualcosa sta cambiando;
il corpo si adatta e la mente si rinforza perché effettivamente a una certa solo questa può portarti in fondo.
Tutto procede, ma si dai mancano 3 mesi, poi ma si dai mancano 2 mesi e poi cacchio manca solo un mese, e qui iniziano i primi giramenti di testa non dovuti agli allenamento, i primi calcoli i primi ma ce la farò???
Nuotare in un lago al buio (ma siamo pazzi?).
Pedalare fino al Gavia dopo quel giro infernale di quasi solo salita??
E poi sarà un paradiso o sarà un inferno??
Non ci dormi la notte e sicuramente la stanchezza fisica non aiuta, ma che ci vuoi fare questo hai scelto e mo pedalaaaaa!
-7, -6, -5, madonna santa ci siamo -4, -3, tutto è quasi pronto, -2 si ma io?? – 1… ci siamoooo ritiro pettorali.. tutti che si osservano con ammirazione e un briciolo di entusiasmo/Ansia di ciò che sarà!
Briefing e li ti fanno salire sul palco 870 Gritti Michele “ok è fatta, stai sereno e vai a casa a mangiare e a dormire” – detto fatto -pasto pre-gara e poi nanna. Aleeee dai che si dormeeeee, daiiiii che si dorme, per favore dormi, domani hai una giornata lunga chiudi gli occhi e dormi ce la puoi fare, ti prego dormiiiiiiiiiiiiiiiiii passarono 3 ore.
Ore 1:45 DRINNNNN DRINNNNNN DRINNNN.. 5 secondi e sei già attivo! Mai successo durante l’anno, dai non c’è tempo da perdere: colazione, rifornire le borracce e prepararsi alle 2:30 apre la T1 (devo dire che tutto sommato sono stato abbastanza organizzato).

Arrivo alla partenza e già molta gente sta ultimando i preparativi e pure io mi accingo a completarli TIC TAC TIC TAC
Il tempo passa e gli organizzatori chiamano ALLE SCIALUPPE GIOVANI EROI, prima nave salpa e io aspetto la seconda e nello stesso momento arrivano i rinforzi da casa, la squadriglia che mi accompagnerà, se dio solo vorrà in tutta questa immensa giornata Eroica, ultimi saluti ultime raccomandazioni ultime foto e viaaaaaa.. si salpaaaa!

O mio dio ci siamo… DAI DAI KEEP GOING… Respiraaaa.. mettiti la crema e poi la muta… ultimo spuntino e via che si arriva dall’altra parte del lago… madonna se è lungaaaaaaa.. ok non pensarci non guardare, anzi fai così dividi il tratto in 3 parti (ARRIVA A MONTISOLA, PASSA MONTISOLA, ARRIVA A SULZANO) ok ok devo pensare un pezzo alla volta… Madooooo una follia… DAI RAGAZZI CHE INIZIA L’AVVENTURA!

-10 -9 -8-7-6-5 -4 -3 -2-1 OLEEEEEEEEEEEEE!
Prime bracciate sembra di volare adrenalina a 1000!
Dai forza prendi il ritmo, acqua fredda e acqua calda (e qui mi parte un pensiero di un amico Matteo acqua fredda spingi acqua calda scorri) OK farò così!
1000 bracciate e un’occhiata a dove sto andando. Ok sono in linea con Montisolia e il faro lo vedo, sono posizionato abbastanza bene – va bene così dai che ci siamo – basta non prendere linee strane – stai dritto!

Siiii primo tratto andato! Montisola c’è! Secondo pure, ma adesso ho voglia di uscire, basta acqua! Terzo tratto bruciato e vedo i fuochi all’uscita, dai ancora 100 metri, dai 50 seeeeeeee -1… SWIM DONE!

Ritrovo la mia ciurma e l’animo si carica a 200 – ma stai concentrato non fare errori adesso.
Mi svesto e mi vesto e in pochi minuti mi ritrovo a pedalare/bere e mangiare sulla GIANT BEaHERO – cacchio fa freschetto e non ho nulla dietro – ho tutto a Trivigno – ok l’unico modo per non aver freddo è spingere – dai che lo sai fare – e via che si spinge.
10 15 30 45 ok ci siamo 50 mmmmm che succede 55 aiaaaa qui c’è qualcosa che non va…. nooooo già nel tunnel della prima crisi???
NOOOO, ma non sono nemmeno partito in bici – mannaggia le gambe perdono potenza il cuore inizia a soffrire di più e i polmoni si ritraggono – CRISI NERA e non abbiamo nemmeno iniziato la salita!

MOOO CHE FACCIO?! – pensa Michele pensa – OK FAI LA COSA CHE TI RIESCE MEGLIO RALLENTA, MA NON MOLLARE! NON MOLLARE! Poi a Trivigno valutiamo.
Un’agonia, tu che non vai e gli alti che ti passano sopra le orecchie, ma ciaoooo manca ancora tutta l’aprica Mortirolo e Gavia. Lo spettro del ritiro si fa sempre più vivo in me, è quasi più di un pensiero diventa.. no cacchio NOOOO piuttosto vado fino a che la scopa non mi prende!
10 km/h e arrivo agonizzante al bivio al passo Aprica, li trovo la ciurma e solo a mio fratello comunico le mie condizioni e non sono buone, ma OK mi sostiene e mi dice: “CI VEDIAMO A TRIVIGNO NON MOLLARE”
“Mannaggia a te!” – gli dico, ma una pedalata dietro l’altra si può andare lontano.
15 km a Trivigno sempre peggio, ma non mollo – dai mangia qualcosa, bevi e respira e pedala!
Così faccio per un bella ora e poi tutta ad un tratto un barlume di positività.
Che succede?? Mica sarà la fine del tunnel? DAI DAI arrivo a Trivigno! Meglio di come sono partito.
Mangio e mi cambio ora ho tutto con me. Il tunnel è quasi sparito e le gambe ricominciano a spingere dopo 40 kilometri di agonia.
Praticamente il Mortirolo me lo godo alla grande e ora tutto deve essere in preparazione alla mitica salita al Gavia.
La discesa per Monno me la mangio (se fosse gara in discesa probabilmente arriverei tra i primi, peccato che qui sia il contrario), arrivo a Ponte mi rifocillo e via che si parte con l’avventura 18 km di pura follia tra MONTI IMMENSI E VALLATE STORICHE. Santa Apollonia, 1° tornate, 2° tornate – “mamma mia che fatica” – qui riparte il tunnel!
3°, 4°, 5° l’aria inizia a mancare l’altitudine inizia a farsi sentire e appesantisce ancora di più la spinta sui pedali.
Tra i partecipanti ci facciamo forza a vicenda è l’unica cosa che ancora ci rimane, sono quasi finito, le energie sono quasi esaurite e arrivo al tunnel del Gavia.
Dai 3 Km MAN solo 3 km (pensa a tutto ciò che hai fatto pensa alle ore passate, solo 3 km, appena arrivo fischio al rifugio e mi prendo una coca fresca e un cioccolato ( non ne posso più di coca calda, nota amara sui ristori) -2 -1, 500 metri… siiiiiii PASSO GAVIAAAAAA incredibile ce l’ho fattaaa! Non ci credo ce l’ho fatta! WAIT WAIT WAIT, zio bel ti manca ancora la maratona gnarooo…. UFFFFF… ok dai si scende dopo pit-stop al rifugio.
Arrivo a Ponte in una bolgia di Pirati.
Sono i Miei Eroi venuti a supportarmi, la mia ciurma, la mia famiglia.
Pazzesco.. dentro sono felicissimo anche se a stento riesco a sorridere (sono davvero molto molto molto stanco).
Mi cambio e partiamo (TEO brother di supporto): “Teo sono alla frutta, non riesco a correre” – “No problem man, andiamo con calma” – ma la lancetta corre e i cancelli iniziano a farsi sentire.

Dopo 2 ore dobbiamo per forza aumentare. Devo farlo io il ritmo di più non riesco, un po’ corro, un po’ cammino, un po’ mi trascino e un po’ mi fermo. “Cazzo mi ha piegato la bici!”
Dai dai non c’è tempo da perdere! Il sole batte forte e il caldo si sente, ma all’orizzonte nuvole minacciose si avvicinano. SBAMMM un tuono, qui si mette male. A Temù altri supporter si aggiungono alla festa (per loro) la mia più un agonia, ma si ci siamo siamo quasi a Ponte e i primi 21 sono andati.
Gocce qua e là e in men che non si dica un temporale si abbatte su di noi.
Non so se essere felice o no –  vero non c’è più il caldo, ma ora tutto diventa più freddo e pesante.
Pochi minuti al ristoro a Ponte e parte la spedizione direzione Tonale (siamo in 5 TEO BRO, TEO CASATI, LEONIDA, ANDREA e IO) si attaccano le salite per il Tonale e qui davvero la sofferenza aumenta esponenzialmente.
Mi sento molto debilitato e con tutto quello che ho mangiato non sono nemmeno più in grado di ingerire sostanze.
“DAI NON MOLLARE”
Pioggia, vento, freddo, ma non si molla!
Devo ammetterlo qualche lacrima per quello che stava accadendo sotto il cappuccio è scesa, lacrime nascoste in una solitudine accompagnata dall’amicizia dei supporter che mi hanno dato una forza insperata in quel momento, mai nella mia vita mi sono spinto così tanto oltre la soglia della fatica, del dolore, della persistenza, MAI!

TONALE CI SIAMO E BEN 50 MINUTI PRIMA DEL CANCELLO!
Ho tempo perfino di cambiarmi, minestrina TOPPPP, ma che spettacolo ‘sti supporter, come avrei fatto senza di loro?!
“Devo arrivare per forza, ora lo devo a loro” – “Non posso deluderli” – anche se negli occhi dei miei genitori leggo un DAI BASTA VA BENE COSì SIAMO ORGOGLIOSI DI TE – Noooo non basta – è il paradiso ciò che conta ora!
DAI DAI VIA CHE SI RIPARTE!
Ultime energie, ultimo immenso sforzo: 600 m. D+ di pura follia!
Anche il meteo è dalla nostra.
Un tramonto spettacolare ci accompagna per quest’ultima salita, dai 8 km, 4 easy 4 strong, piano piano cala il buio e le frontali si accendono davanti a noi!
Il respiro sempre più affannato, il passo sempre più pesante, sempre più corto. “MAN VEDO DOPPIO” – dico a mio fratello – “HO I BALORDONI, sono stremato, questa cosa è una FOLLIA” – ” Mangia qualcosa” – dice lui – “Basta ne pode piu dico io”
Ma andiamo questo paradiso sta diventando un inferno, ma non saranno 4000 passi a fermarmi. MANCA SEMPRE MENO, SEMPRE MENO PASSI, DAI DAI manca poco al passo.
Dai e poi voi amiche, voci di altri fratelli di altri pirati che mi incitano da lontano e mamma mia cosa fa la testa quando ci si mette, quasi tutto rinasce: PASSO PARADISOOOOOOOO… non ci credo.. non sono ancora arrivato e inizio ad abbracciare tutti quanti, chi mi capita attorno, laghetto, tappeto blu, 30 metri, 20 metri, 10 metri, UNA FOLLIAAAAAA un’immensa FOLLIAAAAAAA!
Una follia nata come gioco, ma finita come esperienza di vita! Dalle esperienze si impara nel bene e nel male, si impara a soffrire, si impara a gioire, si impara ad ascoltare il silenzio dentro di sé e lo schiamazzare delle persone che ti vogliono bene.
Si impara a osservare e ad essere grati, grati per quello che si ha, per quello che si è fatto ma sopratutto per quello che si è:
dei FOTTUTI, CAZZUTI e sopratutto FOLLI STONEBRIXIAMAN

STORIA di un piccolo uomo che si credeva un EROE.

Tanti errori di scrittura, non lo rileggo nemmeno. L’ho scritto a nastro come mi veniva cercando di portare più emozioni possibili di ciò che è stata una folle giornata.

un abbraccio forte
Michele

Michele Gritti

Era un anno che aspettavo questa “avventura”.
Un anno perché la scorsa edizione non sono stato in grado di passare il cancello del Tonale per 50″.
Quest’anno sono tornato più determinato che mai.
Il nuoto è andato via in gestione, ma la bici l’ho spinta per andare in anticipo rispetto alla cronotabella dell’anno scorso (era stampata sul manubrio della bici).
Già a Edolo ero in vantaggio di 40 minuti, Trivigno 50 minuti, Ponte di Legno un ora e 20 minuti. Pian pianino mi rendevo conto che quest’anno sarei riuscito a finirla. E più capivo, più mi emozionavo.
Una volta lasciata la bici mi restava “solo” l’ultima frazione.
Questo mio vantaggio mi aveva regalato energie fisiche ma soprattutto mentali, sta di fatto che il primo giro run, fino al secondo passaggio da Ponte avevo ancora un bel margine.
Il cancello del Tonale non era più un problema.
Ero molto contento, mi si stringeva il petto dall’emozione.
Passato il Tonale, restava solo una cosa da fare. Salire in Paradiso.
L’euforia del passaggio al cancello mi aveva regalato nuova energia. L’arrivo era sempre più vicino.
Una volta arrivato in Paradiso è stato accompagnato da un bellissimo abbraccio con i miei supporters, la fatica mista emozione mi ha fatto commuovere.
Ringrazio i miei supporters, mio fratello Nicola (che mi ha accompagnato per tutto il run), mio figlio Riccardo e mia madre.

Mauro Corsini

Che dire io sono un non finisher, purtroppo.

Ho avuto un problema dal 26/27esimo km fino al cancello al Tonale dovuto al temporale, mi sono dovuto fermare per ipotermia, temperatura del corpo sotto i 34°, 1h e 30. Dentro l’autoambulanza; ed ero 14° assoluto.

Veniamo alla gara.

Questo era il terzo anno che avrei voluto fare la stone e ringraziando il signore ero riuscito ad essere ai nastri di partenza.

Rispetto alle solite gare i giorni precedenti non li ho vissuti con ansia, non perché snobbavo lo Stone, ma solo perché questa non è una gara, ma una sfida con noi stessi e non c’era il pallino della prestazione; avevo la certezza di avere l’allenamento nelle gambe, ore ore di sacrificio che in realtà definirlo sacrificio non è giusto, visto che per noi è uno stile di vita, e volevo godermi ogni singola frazione. Cosa che ho fatto.

Non sono uno scrittore quindi non mi prolungo, rischio di essere noioso e di andare fuori strada, ma vi posso dire che lo stone è una gara fantastica e se non ci fosse stato un temporale da paura oggi raccontavo un’altra gara, comunque vi faccio i complimenti per tutto e noi già ci stiamo organizzando per il prossimo anno.

Ci vediamo il prossimo anno

Daniele

Daniele Pierucci

Direi che la mia avventura è andata bene, il lungo percorso dall’iscrizione alla gara si è svolto tranquillamente tra allenamenti sui tre sport, tabelle che mi sono gestita soprattutto con la bici, e gare in preparazione per questo grande evento.

Soddisfatta perché le fatiche alla fine sono state premiate.

A dir la verità l’ansia mi ha sempre tenuto compagnia, e forse proprio questo mi ha dato la carica per sfidare me stessa, perché questa è una gara diversa da tutte le altre, si parte ed è talmente lunga che non si pensa all’arrivo, ma si gestisce step by step.

Partendo dal nuoto con adrenalina a mille ero tranquilla, senza ansie e pensieri negativi, questa frazione doveva per forza andar bene, e così è stato, fin dalla prima bracciata ero sicura, e fino all’arrivo del mitico faro ho nuotato cercando di seguire la direzione dritta.
All’uscita ero felice, mio marito Marco che quest’anno non si è iscritto, e mi ha seguito in bici e supportato dal Tonale, era lì ad aspettami e mi ha caricato per la frazione bike.
Bellissimo il contesto dei paesaggi sul lago di mattino presto, sensazioni positive finché verso il 40km vedo mio papà che mi fa il tifo, non sapevo nulla del suo arrivo, quindi lacrime e adrenalina per continuare. Poi le salite sono circondate da paesaggi stupendi e oltre la gara si apprezza tutto ciò che fa anche compagnia, ci si saluta con gli altri atleti in gara, si viene superati e si supera, sembra quasi di conoscersi tutti, fatica ma non si molla, a Ponte di Legno anche mia figlia era lì, non potevo deluderà, come i miei amici di squadra che tifavano.
Via per il Gavia.
Salita infinita, e gli ultimi 3 km non finiscono mai, si stringono i denti perché si sa che la cima è lì, ma si soffre.
Fanno male i piedi e non si riesce a stare più in sella, poi si dicono cose assurde ma va beh, GAVIA raggiunto quindi velocemente spuntino e giù con la voglia di cambiare sport.

Finalmente si corre!!!!

Al cambio mi hanno detto che la prima donna era davanti di 10′, non tanti ma con tutta la salita sembrano infiniti.

Ma al momento ho pensato solo di finire.

Anche se agonisticamente le gambe volevano andare.

Quando si poteva correre, tra un percorso tipo trail e una vertical, non perdevo tempo, e dopo 1h30 ‘ ho raggiunto la 1a donna, quindi non dovevo più mollare.

Peccato che alla Fine della prima mezza nel rientro a Ponte si è scatenato il temporale, quindi subito freddo e inizio congelamento.

Avendo lo zainetto appresso mi son coperta, ma il freddo non mollava, la coperta termica mi ha aiutato contro vento pioggia e al Tonale, dopo un cambio d’abbigliamento totale e con al mio fianco Marco, siamo partiti alla grande, correndo finché possibile.

Anche qui il tratto più duro, dove oltre all’allenamento ci vuole la testa, è sul finale, si sente la stanchezza e l’arrivo non si vede, ma è lì.

Si tiene duro, ci si affida al supporter, e poi le grida di chi aspetta lassù.

Emozione, lacrime, gioia…. È finita!!!

Mi sono presa la rivincita, grazie di cuore a tutti…Marco sei stato grande!!!!

Elena Marocchi

Il viaggio comincia il 31.08.2018. Giornata da lupi. Giornata indimenticabile che non è andata come speravo e tornando da Livigno continuavo a ripetermi: “Non ci ricascare, non ci ricascare, non ci ricascare…”

Autunno 2018. Apertura delle pre-iscrizioni allo StoneBrixiaMan. Finalmente le pre-iscrizioni sono aperte.

La sera, al riparo dagli occhi di Roberta, controllo e vedo che ne sono rimaste solo 50, ma tanto io non ci ricasco.

Al mattino successivo aspetto che Roberta vada al lavoro e ricontrollo, ma solo per curiosità.

“Chissà se sono già terminati i posti a disposizione.” – mi chiedevo – “Ne rimangono 5!”

E come si fa a resistere? Tentenno, vacillo…

Iscritto.

Poi gestiremo il resto, ma adesso accetti la sfida, che poi Roberta è felice di sapere che sono impegnato; con ‘sta storia della preparazione non le ronzo attorno in continuazione.

Le sfide mi sono sempre piaciute, di qualsiasi tipo: lavorative, sportive…

Le ho sempre accettate anche se a volte producono delusioni, difficili da rimarginare. Non le ho mai accettate per vanità.

Mariano Bruni ricorda ancora quando mi assunse. Mi mostrò la cartina del Veneto e mi chiese di evidenziare i limiti entro cui sarei stato disposto ad andare ogni giorno per lavorare. Gli risposi se aveva la cartina dell’Europa.

Le sfide. Sto bene quando mi preparo per la sfida, mesi e mesi per cercare di arrivare preparati all’appuntamento “one shot”:

O và o non và. E per quanto ti sei preparato c’è sempre comunque da gestire la paura di non riuscire a farcela o che qualcosa vada storto.

I giorni passano e gli allenamenti si fanno sempre più tosti. Poco tempo per il resto.

Tanti appuntamenti per rifinire la preparazione: mezzo Ironman del Mugello, maratona dei Colli (TCE) e tanto altro.

6 Luglio 2019.

Ci siamo. Partenza. È presto. È tanto presto. Sono le 01.30 e mi sveglio per mettere in pancia qualcosa.

Mi sveglio – “seh….è chi ha mai dormito?” – Si svegliano anche i miei angeli che avranno il compito di supportarmi durante tutta la giornata.

Si va in zona cambio per le usuali attività di verifiche del mezzo e per predisporsi alla partenza.

Strada facendo sorridiamo al fatto che i locali sono ancora pieni di persone che stanno ancora cenando mentre noi ci siamo appena alzati. E vai di sbadiglio.

S come Scalabrini Paolo. Nel 2000, epoca in cui mi affacciai in questo mondo di pazzi, era il coach del PDTRI. Paolo ebbe il merito di portare il verbo: gli allenamenti passarono da una metodica free style & fantasy ad un’arte rigorosamente scientifica. I risultati non si fecero attendere con podi nazionali e qualifiche Ironman. Esigente, quando serve intransigente, determinato.

A fine Marzo iniziai a corteggiarlo per poter entrare nella sua scuderia.

Senza esitazione ha deciso di darmi una mano nel tentativo di riuscire a farmi spuntare la sfida e dopo aver esaminato gli allenamenti svolti sino ad allora ha chiosato: “orca boia Max, a tiè tirà cmè un prof. Devi calare i carichi altrimenti non arrivi alla gara: m’hat capì?”

Da lì in poi solo tabelle con un perché, equilibrio nei carichi e soprattutto un mental coach che mi ha saputo far rimanere nei binari dell’equilibrio. Il coach c’era quando con tutta la pioggia che stava scendendo a Maggio temevo di non farcela a prepararmi a dovere. Il coach c’era quando l’infiammazione al tibiale anteriore mi ha fermato a tre settimane a ridosso della gara. Non l’avrei mai superata senza la sua risolutezza. Un paio di infiltrazioni dal dott. Marcellini presso il Centro Medico sportivo di Ferrara ed eccomi come nuovo. O quasi. E poi consigli, tanti consigli, a me che ne ho fatte in giro per il mondo, ognuno di noi crede di sapere, pensa di sapere, spera di sapere, si intestardisce di sapere, ma c’è sempre da aggiornarsi. Lascia fare a chi sa!

Ore 3.20 si monta sul battello che nel buio pesto ci porta sulla sponda opposta del lago di Iseo. Osservo la sponda del lago allontanarsi sempre di più e mi ripeto le solite domande di ogni gara, tra tutte: con ‘sto buio come farò a capire da che parte andare? Anche qui come a Livigno ognuno dei 107 atleti è dotato di boa galleggiante luminosa, per rendere più facile il recupero della salma, nel caso.

Con questa nota di positività arriviamo finalmente sulla sponda opposta del lago. Mi viene da vomitare all’idea di tornare indietro a nuoto. Potrei pagare per un passaggio sul battello, ma via! Tuffo, le braccia iniziano a girare. Sta calmo. Sta calmo. Non vinci nulla nella prima ora, i conti si fanno al cancello presso il Passo Tonale: o ci arrivi in 17 ore o sei fuori dalla competizione.

Non so descrivere il senso di pace e serenità che ho provato durante il nuoto. Il buio non mi spaventa, l’acqua è tiepida e in lontananza si vedono le luci dell’arrivo della frazione nuoto, ma davanti a me nessuna boa luminosa degli altri atleti. Porca vacca mi sa che sto sbagliando qualcosa. Il dubbio sino alla fine: “Non è che sono andato a finire nel campo di gara di un altro evento sportivo?” – “Mah.”

Dopo 1h e 8’ arrivo sulla rampa di risalita e , non ci posso credere, sono tutti lì.

C’è tantissima gente, parte un applauso, mi giro per vedere se dietro di me c’è qualcuno di importante: “Cazzo, ma stanno applaudendo me!” – penso.

Sono ottavo e corro in ZC dove mai mi era capitato di vedere tutte le biciclette ancora nelle rastrelliere.

Virna in versione “shining” o “Edward mani di forbice” mi corre dietro con un paio di forbici. Lei lo fa con un nobile intento: deve tagliare il cordino che assicura la boa luminosa al mio corpo, a me viene da ridere, sembra quasi una moglie incazzata che vuole tagliare gli attributi al marito.

Il mantra della giornata è: risparmia le energie per la parte finale.

Arriverà un momento in cui ci saranno uno appresso all’altro il passo Mortirolo, il passo del Gavia e quello del Tonale.

Se tutto ok avrai la “fortuna” ? di finire in cima la Passo del Paradiso.

In tutto saranno oltre 7000mt di dislivello.

La cosa fastidiosa: il tarlo della giornata saranno i “cut off” o, in italiano, i cancelli orari.

Una continua rincorsa. 2 ore per il nuoto (e va beh); 11 per la bici (e insomma) e 4 per la corsa (‘sti cazzi).

Se ci stai dentro arrivi in cima, altrimenti te ne torni a casa.

W Nel senso di doppia V. Nel senso di Virna e Vason. First Lady e President del PDTRI. Se serviva questa è stata l’ennesima testimonianza della loro grandezza. Visto come era andata a finire a Livigno, quest’anno non avevo il coraggio di chiedere nuovamente la loro disponibilità, mi sarebbe dispiaciuto deluderli nuovamente e infatti, si sono proposti loro. Grazie. Tutto ciò mi rasserena perché ora so che potrò dedicarmi completamente ed esclusivamente alla preparazione. Tutti gli aspetti logistici se li sciropperanno loro evitandomi inutili stress.

M come May. La mia cagnetta quest’anno se ne sta a casa.

R come Roberta. E chi la lascia a casa? Avanti. C’è sempre posto per te. A maggior ragione quest’anno dopo un festeggiamento del 25^ anniversario di matrimonio “per aria”. Si perché abbiamo limonato ovunque. Con i piedi per terra, sotto acqua, mancava il terzo elemento: l’aria. E così nella stessa giornata del 18 Giugno ci siamo sparati un volo sulla ZipLine sul lago Maggiore (su un cavo d’acciaio steso tra due cime) ed una esperienza all’Aerogravity di Milano dove delle potentissime ventole permettono di simulare il lancio da un aereo. Adrenalina pura e coronamento di un sogno. Ora si, abbiamo limonato ovunque. In realtà mancherebbe il quarto elemento, il fuoco, ma se possibile ne facciamo volentieri a meno.

E si parte per i 177km di bici con 4700mt di dislivello. I primi 70Km sembrano pianeggianti, ma sono una continua ascensione che porta ad Edolo.

Da qui inizia l’avventura. Ascesa al passo dell’Aprica con pendenze decisamente importanti. Il Vas alla guida dell’ammiraglia continua a sfrizionare per superare le salite, o forse perché non “xe bon de guidare”.

Ascesa al Mortirolo: sto bene e tutto è così facile. Il coach mi ha detto “guai a superare i 190watt” e io sono sempre sotto quel numero che continuo a fissare sul computerino. Quel numerino tre settimane prima mi ha permesso di finire la Sportfull in scioltezza (GF da 210km con 5300mt).

Finalmente la discesa. Giù a rotta di collo a Monno. Supero tutto e tutti. Anche l’auto del mitico Max Rovatti, organizzatore dell’evento, che fa un sussulto appena percepisce che sono sulle appendici con le mani distanti dai freni.

Sto andando ad 79Km/h, mi urla: ”Tu sei pazzoooooooo!”

Tempo record: giù in 15 minuti netti!

Passano almeno venti minuti e l’auto di Max mi arriva a ridosso, il finestrino scende e giù carne: “Abbiamo corso come dei matti per prenderti, tu sei pazzo!”

Sorriso di circostanza e segno che va tutto bene.

C come CRI. Cristina Giordano. Capita alle volte che le cose non vadano come vorresti. Dolce e cara triatleta del Padova Triathlon del primo decennio del 2000, persona tanto bella sia dentro che fuori, ha combattuto lo stesso bastardo che ha colpito mia figlia Rossella. Si sono confortate a vicenda e la sua felicità nel sapere che Rossella aveva vinto purtroppo non ha fatto scopa con la nostra gioia di sapere altrettanto per lei. Oggi erano in due con me a spingermi da lassù nei momenti più difficili: Cristina dentro alla sua Smart ed il matto di Diego Brusauro con le sue Crocs di color verde.

Passaggio in centro a Ponte di Legno prima di aggredire il Gavia. Ho 1h30’ di vantaggio sul tempo stimato. Sono felice perché mi avanzerà tanto tempo per la corsa, posso quasi permettermi di fare la maratona fischiettando.

Gavia. 17Km che non mollano mai. Ma sono tranquillo. Il coach sapeva e mi ha fatto montare il 34 che ingrano alla prima difficoltà e tengo sino alla fine. Avevi ragione coach!!!! Caspita se avevi ragione!!! Gambe risparmiate. Inutile spingere e rischiare di non averne per la corsa. E avevi pure ragione sul tema delle appendici. Non volevo montarle. Tutta salita; non servono a nulla. Ma quando impari ad usarle anche nei falsi piani capisci che è stata una fortuna averti assecondato.

E invece. E invece iniziano i problemi. Blocco del diaframma. Fiato corto. Nooo.

Non ci posso credere. Provo ad andare su. Le gambe sono ancora perfette, ma ho una forte nausea. Stramazzo sull’asfalto e mi prendo un po’ di tempo. Passerà mi dico. Arrancando arrivo a 4Km dal passo.

Forza dai che poi inizia la discesa e poi è finita. Vedo gli altri superarmi mentre sono seduto come un tossico a bordo strada con le auto e le moto che sfrecciano in continuazione. Tutti mi chiedono come va ed io mi sono rotto le palle di rispondere: “Spero. Spero. Tra un po’ passa.” In realtà l’unica cosa che passa è il tempo.

Oramai è trascorsa un’ora e sono rimasto senza liquidi da bere. Fine.

Squilla il telefono. Il presidente: “Tira su quel culo. Monta in bici e pedala! Muoviti! I km sono solo 4. Non sono nulla è solo una misura. Togliti le scarpe e cammina con la bici a mano.”

Hai ragione Fabio, ma sono incartato. Mi viene quasi da vomitare, giro la bici. Discesa. Questa volta piano.

Mi pare di vedere i volti degli angeli. Uguali a quelli dell’anno scorso. Arrivo giù. Eccola. Virna. Aveva l’ingrato compito di scortarmi negli ultimi 21 km. Non c’è verso di correre con la campionessa italiana di tutte le specialità inventate dalla FITRI.

Ecco Roberta. Ecco Fabio. Mi si stringono attorno come a volermi proteggere. Mezza lacrimuccia. Fine.

Sono però felice. Veramente. Tenendo conto di tutto il tempo perso, ho fatto la bici (al netto degli ultimi 4km) in 8ore e30. Sarei stato felice di chiuderla in10 ore.

Sto bene muscolarmente al punto che decidiamo di andare su all’arrivo. Inizialmente si pensava di andare a piedi, ma poi il meteo ci fa propendere per la funivia. Il primo ed il secondo arrivano nel pieno di una tempesta con tuoni e fulmini. Che campioni!

Mentre ce ne torniamo in albergo vediamo la processione degli atleti che stanno ultimando l’ascensione al Passo del Tonale, speriamo ce la facciano a superare il cancello orario. Eroi.

A casa ripercorro la gara e penso. Penso e ripenso alla sfida che mi piace di più chiamare viaggio. Quando si parla di sfida entrano in gioco fattori per cui se non vinci o se non arrivi sei considerato un fallito. Il viaggio è un’altra cosa. Il viaggio lo intraprendi per soddisfare un tuo piacere; può terminare in un modo o in un altro, ma non è mai un fallimento. Anzi.

Un caro ringraziamento a tutta la macchina organizzativa che ha permesso lo svolgimento di una giornata di sport dove è filato tutto liscio. Mi raccomando: tenetemi un posto per l’anno prossimo. Non me la perdo per nulla al mondo, indipendentemente da come andrà a finire.

Massimo D’Antonio

INGREDIENTI PER FARE UN TRIATHLON EXTREME (E USCIRNE VIVI!!!)
1. Leggerezza
2. Semplicità
3. Curiosità
4. Resilienza
Se poi avete un po’ di Fede è ciò che aiuta ad amalgamare tutto!
È un paradosso, ma in effetti l’ultima cosa che mi viene in mente ripensando allo “STONEBRIXIAMAN EXTREME TRIATHLON 2019” è l’ingrediente “resistenza organica”, comunque necessario per fare quasi 18 ore di gara.

Più le cose sono difficili da portare a termine più è necessario essere allenati da un punto di vista dello spirito: per la distanza – 3,8 km di nuoto – 175 Km in bicicletta – 40 km di corsa, l’altimetria – quasi 7000 metri di dislivello, gli imprevisti – come quando al Passo del Tonale è arrivato il temporale che ha fatto crollare la temperatura dai 35° ai 5° e, iniziando a “barbellare”, mentre mancava ancora l’ultima ascesa al “Paradiso”, ho dovuto scegliere se imprecare o, come suggerito dal mio supporter-genero, pensare “ne hai di peccati da espiare”, aprendo cosi uno sguardo diverso su ciò che stava accadendo.

Consiglio vivamente, anche a quelli attrezzati da un punto di vista mentale e dello spirito, di arrivare ad un appuntamento così dopo parecchi anni in cui, in tutte le salse possibili ed immaginabili, si è fatto crescere quello che io amo chiamare “il cuscino aerobico” sul quale appoggiarsi comodamente mentre si sta faticando.
L’abitudine quotidiana ad usare questo geniale motore che abbiamo in dotazione, anche in orari improbabili (la frazione di nuoto, che inizia alle h 4,00 del mattino attraversando il lago d’Iseo, sfiorando Montisola fino a raggiungere Sulzano, seguendo “la luce”) è condizione fondamentale per avere una chance di arrivare in fondo.

Un’altra capacità condizionale necessaria con cui occorre avere confidenza è la forza muscolare: in alcune rampe del percorso in bicicletta con pendenze vicine al 16%, o nell’ultimo tratto di ascesa su sentiero alpino per arrivare ai 2600 mt di altitudine del rifugio Paradiso, la forza degli estensori che fanno salire centimetro dopo centimetro il baricentro è fondamentale (I mie amici della Virtus di Senago sanno quanto “rompo” su questa cosa! ).

Durante la salita pensavo ai gradoni e ai burpees jump fatti nelle sere d’inverno nelle sedute di Tabata training del lunedì, agli esercizi di core stability e a quelli di tonificazione muscolare.

Non so se mi sono spiegato bene, ma penso che abbiate capito: leggerezza non vuol dire superficialità.
Quindi la preparazione ad un appuntamento come l’extreme triathlon parte da molto lontano.

Da raccontare di particolari di una gara che per me è durata poco meno di 18 ore, ce ne sono tantissimi.

Anche prima della gara, quando alla cerimonia della consegna dei pettorali lo speaker annuncia: “Tra voi c’è uno che domani farà il suo esordio nel triathlon!” E chi poteva essere? Il Lele compagno d’avventura della Virtus (naturalmente applausi a scena aperta).
La bellezza del cielo che, mentre si nuotava verso Sulzano, schiariva e dava luce alle montagne e ai paesi sulle rive del lago,
lo sguardo d’intesa con la Madonna della Ceriola il Santuario in cima a Montisola.
Il crinale che porta da Trivigno al passo del Mortirolo con vista mozzafiato tra la Val Camonica e la Valtellina.
La “brutta bestia” del Passo Gavia che sembra non finire mai, con la galleria semi-buia dentro la quale i pensieri negativi emergono con violenza e non vedi l’ora di rimettere la testa fuori.
Le strategie alimentari studiate a tavolino con l’appuntamento con la boccetta miracolosa contenete semi di chia, acqua e succo di limone (i Taraumara insegnano!) le patate lesse e l’uovo sodo.
Quando finalmente scendi dalla bicicletta e pensi: il più è fatto, cercando di non pensare al grafico altimetrico del percorso della corsa.
I colori del tramonto dopo il temporale sull’ultima ascesa.
La compagnia discreta di Berny, il supporter-genero, nelle ultime ore del viaggio.
Gli sguardi preoccupati di Lucia, mia moglie, soprattutto al Passo Tonale.
Il “dai pa’” di Francesco e il cinque dato da Emma, due dei quattro figli che mi hanno accompagnato in questa giornata.
La forza che nasce dal sapere che all’arrivo c’è qualcuno che ti aspetta.
Gli amici a casa che in qualche modo porti con te, soprattutto quelli che stanno veramente soffrendo (e non faticando come me).
P.S. per gli amici del Virtus Triathlon:

La strada è stata aperta. Adesso tocca a voi!!!

Stefano Rognoni

STONEBRIXIAMAN una super avventura.

Quello che mi piace di più della formula delle gare EXtreme è che vivi un’avventura in compagnia di amici con cui condividi attimi unici.
Assodato il fatto che vivi la fatica delle tre discipline come prova individuale, ma durante il percorso e la gara sei sempre in compagnia.

La giornata inizia con la sveglia all’ 1:30, in quel momento mi chiedo sinceramente cosa stia facendo, ma subito dopo eccoci in acqua a Gallinara in attesa dello start e poi a inseguire il faro di Sulzano e le luci della punta di Mont’Isola che ci fanno da direzione. Uscito dall’acqua subito sento l’incitamento di mia moglie e dei miei supporter ed è subito festa, due battute, il cambio e via sui pedali. Mai forzare per tenere le energie necessarie a terminare il percorso e dopo il tratto di avvicinamento alla montagna eccoci salire all’Aprica e da qui su una strada stupenda verso Pian di Gembro Trivigno e Mortirolo.

Durante la bici i supporter mi affiancano, si fermano, mi danno da bere e mangiare e soprattutto comincia lo scambio di battute, in ognuna di queste gare mi figuro di essere uno dei miei miti ciclisti in una tappa o in una gara famosa!

Lo scorso anno all’ICON lungo il tratto in bici sotto il costante diluvio ero Charly Gaul nella leggendaria tappa del monte Bondone, mentre quest’anno al Brixiaman, mi affiancano i supporter incitandomi e gli dico: “Oggi sono Pantani a Oropa!” e così il percorso fila liscio anche sul Gavia (più che Pantani assomigliavo di più a un gatto di marmo).

Lasciata la bici a Ponte di Legno, inizia quella che secondo me, è la parte più spettacolare della gara: la corsa a piedi, un percorso totalmente immerso nei monti con salite e discese.
I primi 10km sono solo e cerco il ritmo bagnandomi la testa ad ogni fontana con il mio cappellino, dopo 2Km mi affianca Lu, mia moglie, che vedendomi sorridere e scherzare come sempre, si tranquillizza.
Altri 10km in compagnia di ACP Andrea e qui la malaugurata idea di dirgli su una salita: “Rallenta!” – questa esclamazione mi costerà poi la presa in giro per i prossimi 10 anni.

Altri 10Km con Lisso, qui in salita verso Tonale prendiamo il temporale e l’aria cambia, lui si sacrifica in maglietta per darmi giacchino e gilet, il giorno dopo avrà 38,5° di febbre.

Al Tonale ci fermano per brutto tempo quasi un’ora, ma dietro le cime si vede arrivare il sole e con esso la consapevolezza di partire e raggiungere il Paradiso!
Partiti, gli ultimi 8Km col BARBA Davide che a suon di discorsi, mi accompagna fino all’arrivo; questa parte del percorso, devo dire, che è veramente bella e suggestiva.

Infine eccoci al tappeto blu e all’arrivo, la soddisfazione è immensa come sempre, incitamento abbracci e sorrisi: questo è il nostro STONEBRIXIAMAN!
Un’avventura vissuta con i miei supporter e chi da casa ha continuato a seguirmi, una nuova esperienza vissuta, su cui seguiranno serate di racconti e risate!
Tra qualche anno nel lago ci sarà stato un mostro in bici, trabocchetti e inseguimenti e a piedi Lupi e Orsi, ma ciò che non mancherà mai saranno le risate e la voglia di ripartire per un’altra avventura!

Grazie a tutti gli organizzatori!

Diego
Diego

Purtroppo è andata male, nel senso che non sono riuscito a finire il percorso in bici per problemi ai cerchi nuovi che speravo mi portassero fortuna.
Ho forato 5 volte perché si è rotto il nastro che copre i raggi, sia della ruota anteriore che posteriore.
Nella frazione di nuoto c’è stato, nei primi 15’, un pò di panico per il buio, il fiato corto, il non riuscire a tenere il gruppo, ma c’erano le nostre boe illuminate che mi davano una direzione e sicurezza.
Ad un certo punto mi sono fermato pochi secondi, ho calmato il respiro e individuato il faro di Sulzano e ho ripreso a nuotare regolarmente fino ad arrivare alla prime luci di Montisola sulla sx poi a dx l’isoletta.
In quel momento mi sentivo in piscina, il sole stava nascendo e mi sentivo bene, poi Peschiera Maraglio ed il pensiero solo della traversata, con l’aumentare della luce, ed il faro sempre più grande e rassicurante.
Uscito non mi sembrava vero, felicissimo.
La frazione in bici, bella come la Nostra Valle Camonica, a fianco delle montagne, con poco traffico man mano ci si allontanava dai paesi, ormai dimenticati per la tangenziale, ma per noi ciclisti un paesaggio che incoraggia a pedalare e pedalare.
Dopo 3 ore arrivo a Edolo dove si affianca a me l’amico Roberto per sostenermi.
Poi l’incubo Santicolo, ma ero già con la testa al Gavia quindi non l’ho sentito, ovviamente al mio ritmo.
A Galleno l’incontro con mia moglie Monica che mi sostiene sempre, un bacio e via per il mio viaggio.
Pian di Gembro dove qualche ora prima ero con la famiglia in vacanza a fare un picnic rilassante.
Trivigno scorre bene fino alla discesa supersonica di Monno.
Poi l’ingresso a Ponte di Legno davvero emozionante vedere tante persone, conosciute e non, ad incitarti.
Purtroppo a -6 km dalla vetta del Gavia iniziano le mie disgrazie, dopo un’ora a cambiare camere d’aria, decido di ritirami e fare la discesa con le gomme buche.
Visto che io ed il mio accompagnatore a piedi, Flavio, abbiamo la l’Hotel al passo Tonale, decidiamo di partire a piedi per fare la seconda parte di percorso solo fino al cancello.
Mentre lasciamo la Valle delle Sozzine arriva anche un bel diluvio a rinfrescarci, ma non ci scoraggiamo e proseguiamo.
Ci sorpassano i compagni d’avventura che sono ancora in gara, è bello incitarli e sostenere alcuni compagni di squadra.
Noi arriviamo in Hotel con l’Idea già al 2020 si, perché voglio completarlo il mio viaggio verso il Paradiso.
Grazie a tutti Voi.
Marco Penna

La gara mi è piaciuta moltissimo e mi ha fatto provare emozioni mai provate prima nonostante il ritiro.
Ho fatto 102 gare di triathlon ed è la prima volta che mi ritiro, la gara che mi sono ritirato è stata la più bella.
Purtroppo alla mia età (59 anni) non è facile con gli acciacchi e un ginocchio operato.
Ho voluto provare lo stesso sapevo della durezza e difficoltà dello Stone ma la mia testa dura ha voluto provar lo stesso.
Bellissima la partenza di notte, da delle emozioni mai provate prima, io non sono un grande nuotatore ma sono uscito alle 05.35 ed ero contentissimo.
Partito in bici, faccio i tre passi, ma mi sono trovato in difficoltà sopra i 2000 m ai quali non sono abituato, nonostante tutto arrivo a Ponte di Legno alle 15:45 (un’ora e 15min prima del cancello).
Tutto felice parto per il trail ma già dopo 10 km mi sono reso conto che non sarei mai arrivato al Tonale entro le 21:00.
Siamo arrivati, io ed il mio accompagnatore, a Ponte di Legno alle 20:00 e ci siamo ritirati.
Sono sincero, anche se passavo il Tonale in tempo, non sarei mai arrivato in cima al Paradiso entro la mezzanotte.
La pioggia l’ha fatta diventare ancora più dura, infatti della nostra spedizione delle Marche eravamo in 6 e solo 2 sono arrivati. Io sono andato lo stesso in cima al Paradiso ma con la cabinovia ad incitare gli amici che sono arrivati in cima.
Vorrei tanto riprovarci l’anno prossimo perché la gara è unica e mi piace molto ma nelle mie condizioni attuali nel trail non riuscirò mai a passare il cancello del Tonale.
Mi dispiace molto. La gara la consiglio a tutti quelli che, come me, vogliono mettersi alla prova per scoprire il proprio limite!
Ciao a tutti soprattutto a quelli che non sono riusciti a prendere l’ambito sasso.
Walter Frudoni Agostini

Purtroppo la mia avventura non è finita proprio come avrei voluto.
Infatti, per un guasto meccanico ho dovuto ritirarmi a 20km dalla fine della frazione bike.
Comunque le sensazioni che ho provato sono state fantastiche!
Il nuoto è spettacolare e il percorso bike duro, ma paesaggi fantastici.
I complimenti anche a voi per il gran lavoro che avete fatto.
Ora non mi rimane di aspettare l’apertura delle pre-iscrizioni e iscrivermi per andare a prendermi quello che mi spetta.
Davide Mattei

Partiamo dall’organizzazione che direi eccellente, almeno per la parte di gara che ho sviluppato, niente da dire se non complimenti a tutti Voi che avete contribuito, chi in prima fila chi dietro le quinte.

Grazie.

La mia gara, è durata “poco”, probabilmente non è un “viaggio” che ho preparato bene, non dal punto di vista fisico, ma soprattutto mentale.

Diciamo che è un evento già al limite delle mie possibilità, per rientrare nei “cancelli” avrebbe dovuto essere la gara “perfetta nella giornata perfetta”.

È iniziata bene con il nuoto, esperienza molto bella il nuoto notturno con il chiarore dell’alba che si sviluppa, colori che prendono “forma” luce che cresce, bello.

Il mio primo errore è stato non partire subito per il “viaggio” in solitario, mi sono accodato ad un altro partecipante cercando di sfruttare le sue doti migliori, ma di fatto rallentandomi, poi ho capito che facevo meglio da solo e li è iniziato il viaggio vero, effettivamente bastano poche bracciate e sei solo, (tanto che pensavo di essere l’ultimo) e li comincia la magia: le mani che entrano, le bolle che si accendono, il respiro, il silenzio, la riva che si avvicina con il frontale della chiesa illuminato. Bello.

Arrivo in ZC e scopro di avere una trentina di bici, quindi non ero “ultimo”, mi cambio dando spettacolo con le “partimolli” al vento, regalando qualche istante di ilarità ai presenti (bello far sorridere) ed esco velocemente.

In bici i primi km vanno bene, prendo qualche altro partecipante, mangio e probabilmente prendo freddo, al primo cavalcavia (Piancamuno credo) comincio ad avere problemi di annebbiamento della vista e forze che spariscono, i sintomi di una congestione, tiro avanti qualche km a fatica, mi superano parecchi.
Arrivo a Ceto, entro in un bar e con una coca e del caffè “mi svuoto” e metto un po’ di ordine nelle frattaglie, da quel momento ho difficoltà ad alimentarmi, ai ristori prendo coca e acqua, riesco a tenere solo qualche gel, troppo poco per questo tipo di gara.

Arrivo comunque a Ponte per iniziare il Gavia, forse avrei potuto rientrare nel cancello delle 17, ma a fatica, ma soprattutto ero piuttosto debilitato e il piacere della fatica si era tramutato in poco piacere e molta fatica. A quel punto mancava poco alla cima del Gavia, mi sono ritirato.

Ci riprovo? Non lo so, sicuramente è una gara particolare, ho già fatto diverse gare su distanza Iron, ma questa necessita di più tempo e quindi va valutata anche in un’ottica di “famiglia e lavoro”. Oltre a questo serve una determinazione particolare, devi avere “fame” per finirla.

Vediamo se arriverà questa “fame”.

La valuto comunque un’esperienza positiva.

Grazie

Maurizio

Maurizio Zanforlin

Ecco le mie impressioni
Posto spettacolare
Gara spettacolare
Organizzazione ed organizzatori al top
Staff idem
Ristori ottimi forse un po’ più di varietà
Zona cambio perfetta. Bisogna prendere la mano con la logistica essendo la disposizione sacche borse in giro su più punti; per me la prima così lunga dura ed articolata.
Non l’ho finita dopo il Gavia le gambe non andavano ho retto 21 km e mi sono fermato a Ponte
Unico amaro in bocca che ancora non va giù.
Ciao!!
Davide Marchi

Sono un triathleta che dal 1998, dopo aver partecipato a gare con distanze olimpiche e medie ha voluto con Stonbrixiaman, affrontare il suo primo Ironman.
Una gara fantastica dove ho vissuto forti emozioni con i miei cari già al momento dell’iscrizione coinvolgendo chi mi circondava in ogni istante prima, durante e dopo la manifestazione. Un susseguirsi nella preparazione, di dubbi perché la vita quotidiana con la famiglia ed il lavoro mi hanno assorbito prioritariamente.
Una sfida che sono comunque riuscito a portare a termine con orgoglio e soddisfazione.
Saluti Fabrizio
Fabrizio Vergani

Brixia

Erano almeno un paio d’anni che in me si era accesa una piccola fiammella, 24 mesi in cui ho coltivato segretamente un sogno “proibito” che, tuttavia, tenevo relegato in uno dei cassetti più remoti della mia mente. Ma si sa, non è affatto facile nascondere le cose, tantomeno a noi stessi. Sappiamo sempre esattamente dove si trovano, ogni tanto riaffiorano oppure siamo noi che, timidamente, le andiamo a sbirciare…

Quel sogno un po’ matto, per me, si chiamava Stone Brixiaman, o più semplicemente Brixia.

Per natura, sono sempre alla ricerca di esperienze non banali e un po’ fuori dal comune, di sfide apparentemente impossibili riservate a pochi, di quelle che mettono davvero alla prova. Con i suoi 4km di nuoto, 178km di bici con 3800D+ e 40km di trail running con altri 2300D+, il Brixia Extreme Triathlon (su distanza Ironman) ha sempre avuto tutte le carte in regola per conquistarmi.

Mi serviva un pretesto però, un espediente che mi “obbligasse” ad espormi: l’occasione si presenta durante l’Elbaman 2018, quando – un po’ spacconamente – prometto ai miei compagni di squadra che se avessi concluso la gara sotto le 5h 30 min. (quindi migliorando di oltre mezz’ora il tempo delle due precedenti edizioni), mi sarei iscritto al Brixia l’anno seguente.

Morale della favola, chiudo la gara in 5h 29min 27sec.

Tutti coloro che avevano raccolto le mie dichiarazioni ovviamente mi aspettavano al varco e da lì in avanti non avrebbero perso occasione di ricordarmi che avevo preso un impegno. Io, quasi sollevato, avevo finalmente trovato quella “leva” che tanto mi serviva per tirare fuori il mio sogno dal cassetto e affrontarlo.

Una volta effettuata la pre iscrizione, a dicembre 2018 mi ritrovo già mentalmente proiettato al 5 luglio 2019, data della gara, e realizzo di avere davanti a me sei lunghi mesi di intensi allenamenti da pianificare in maniera dettagliata. In accordo col mio fidato allenatore Fabrizio, decidiamo di iniziare a calendarizzare la stagione sportiva dal seguente gennaio.

Dicembre scivola via veloce e, quasi senza rendermene conto, nei primi freddi giorni dell’anno sono già sulla linea di partenza della Swim&Run di Noli, nella quale conquisto sorprendentemente un 6 posto assoluto e il 2 di categoria.

Il percorso verso il Brixia è cominciato e io ci sono dentro fino al collo.

Col passare del tempo mi trovo impegnato in sessioni di allenamento sempre più impegnative, le cose da fare sono molte, ma tutte sapientemente programmate di settimana in settimana per assecondare il mio fisico senza rischiare l’over training. Mi dedico al nuoto, a sessioni indoor sui rulli per la bici e a sessioni di corsa in pista (imprescindibili per i lavori di qualità), su strada e sui sentieri sterrati a bassa quota (per evitare neve e ghiaccio). Nei periodi di maggior carico arrivo anche a completare 9 allenamenti a settimana, sorprendentemente riscopro che dentro di me sopravvive quel ragazzino che era stato nuotatore a livello agonistico, con il suo spirito di competizione ed una inalterata attitudine al sacrificio.

Rinuncio per un po’ alle distrazioni della vita “mondana” focalizzandomi sul grande obiettivo che mi sono prefissato, riesco ad allenarmi con grande dedizione, il mio corpo risponde fin da subito in maniera positiva e sento che la mia forma fisica cresce di settimana in settimana.

Decido di non partecipare ad alcuna gara di Triathlon, ad esclusione del Triathlon Olimpico di Milano all’Idroscalo (la mia gara di casa, dato che abito in prossimità del bacino milanese) e di alcuni trail tra la Lombardia e la Valle d’Aosta (per acquisire maggior dimestichezza con i sentieri di montagna e la gestione di dislivelli importanti).

L’inverno passa rapidamente e a primavera, finalmente, posso tornare in strada a fare lunghe uscite in bici da corsa: fortunatamente ho tanti amici ciclisti, appassionati di lunghe distanze e ripide pendenze, ai quali posso aggregarmi spesso e sentire meno la fatica di certe giornate interminabili.

La principale difficoltà che mi sono trovato ad affrontare durante la preparazione di una distanza Ironman è proprio la gestione dei lunghi di corsa alternati a quelli in bici, un mix che mette a dura prova le gambe inficiando la brillantezza e compromettendone la performance, soprattutto perché spesso si concentrano nei

weekend. Ma del resto, lo scopo dell’allenamento è uscire dalla propria zona di comfort e preparare il fisico ad affrontare tutte le insidie dell’endurance estrema.

Ad aprile posso testare la mia condizione nel Triathlon Olimpico di Milano: i risultati dimostrano che tutto il lavoro svolto fino a quel momento ha dato i suoi frutti e per la prima volta entro nella top 20 generale e ottengo un 3 posto di categoria, chiudendo per la prima volta il 10.000 finale sotto i 40’.

Da lì in avanti vado acquisendo maggior sicurezza e riesco ad affrontare gli ultimi due mesi con grande entusiasmo, tuttavia le condizioni meteo a cavallo tra primavera ed estate si fanno davvero avverse e sono costretto a ridurre drasticamente i lunghi in bici e le sessioni di trail running in montagna. Non riesco a completare il chilometraggio preventivato e subentra una certa preoccupazione, perché mancano ormai poche settimane alla gara e non c’è modo di recuperare.

Il mese di giugno serve per tirare le somme e recuperare le energie, ritrovare la lucidità necessaria e occuparsi degli aspetti pratici e organizzativi: una gara che coinvolge 3 discipline sportive, che può arrivare a durare anche 20 ore, con un percorso di oltre 220km e oltre 6.000D+, che parte dal Lago d’Iseo e arriva sulla cima del Passo Paradiso passando per Aprica, Mortirolo e Gavia, va pianificata in tutti i suoi aspetti e niente può essere lasciato al caso.

Con Sara, la mia ragazza, e il carissimo amico Corrado, che sarà anche il mio supporter ufficiale (obbligatorio per regolamento) nell’ultima parte di gara, organizziamo il viaggio, i pernottamenti e gli spostamenti, prepariamo i rifornimenti da portare ai ristori, i cambi e l’attrezzatura di cui avrò bisogno lungo il percorso. Una preparazione così meticolosa comporta lo sforzo di riuscire ad immaginare l’esperienza in ogni suo dettaglio e mi fa vivere in anticipo la gara decine di volte. Nella mia testa tutto diventa chiaro, il percorso si dipana e riesco a “vedere” chilometro dopo chilometro quello che dovrò affrontare, come dovrò alimentarmi e come dovrò vestirmi, addirittura quello che potrei pensare. Sarà una gara in cui il superfluo può diventare necessario, in cui le altitudini e le temperature alle quali si gareggia variano sensibilmente, in cui la stanchezza tenderà dei tranelli psicologici e il corpo avrà la tentazione di assecondarli.

Devo essere pronto fisicamente, ma soprattutto mentalmente, solo così sarò in grado di affrontare qualsiasi difficoltà, imprevisto o condizione estrema che si presenterà.

5 Luglio 2019, una manciata di ore alla partenza.

A Sulzano fa davvero caldo, ma poco importa, lo start è alle 04.00 del mattino e sicuramente non ci sarà alcun problema di temperatura.

La vigilia di una gara è sempre veloce, un ripetersi di gesti rituali in un’atmosfera un po’ ovattata: si ritirano i pettorali, si prepara la bicicletta in zona cambio e si consegnano le sacche (ben 5!) che l’organizzazione farà recapitare ai vari ristori e alle zone cambio distribuite sul percorso. Ultimi check, foto di rito, immancabile cena carbo loading ed è ora di andare a dormire, o meglio, a cercare di riposare il più possibile corpo e mente. La notte passa abbastanza serena, impossibile riuscire a dormire in maniera rilassata, ma a differenza di altre volte, la consapevolezza del lavoro svolto mi infonde una certa serenità: penso che non ho davvero nulla da perdere, che i mesi di allenamento che mi hanno portato fin qui sono stati sfruttati in maniera intelligente e al meglio delle mie possibilità. Certo ci sono le variabili esterne – problemi alla bici, una caduta, una crisi di fame imprevista o un infortunio – ma questi sono fattori imprevedibili e, soprattutto, non controllabili.

In ogni caso, non c’è più tempo per i pensieri: sono le 03:30, è una calda notte estiva e io siedo già sul traghetto che naviga in direzione Tavernola, sponda lombarda del Lago d’Iseo, solcando le stesse acque in cui mi immergerò a breve insieme agli altri 120 concorrenti.

Il viaggio in traghetto dura una quarantina di minuti (credo), surreali, immersi in un silenzio quasi totale interrotto solamente dallo sbattere delle onde che si infrangono sulla chiglia durante la navigazione e dalla musica che proviene dalla cabina di pilotaggio.

Il lago è piatto, l’aria è piacevolmente tiepida, il buio quasi totale.

Attracchiamo e come un corpo unico, stretti nelle nostre mute scure, scendiamo sulla passerella. Il primo istinto è subito quello di “assaggiare” l’acqua, poi qualche movimento per aggiustare occhialini e cuffia, mentre i giudici, a bordo dei gommoni scorta, ci indicano la luce del faro da seguire per mantenere la rotta verso l’uscita dall’acqua che, da questa distanza, risulta un puntino giallo che si staglia all’orizzonte, a 4km sulla riva opposta.

Un colpo di sirena dà il via alla gara.

Confesso di non aver mai gareggiato di notte e, nonostante l’acqua sia un habitat sportivo a me naturale, mi corre un brivido lungo la schiena al pensiero della profondità invisibile che si cela sotto di me…

Le prime bracciate sono un po’ contratte, cerco l’adattamento, sollevo la testa più del solito per essere sicuro di non perdere la rotta migliore e, una volta identificati i riferimenti luminosi da sfruttare per tenere la rotta (l’arrivo e la parte sud di Monte Isola), riesco a rilassarmi e in maniera quasi naturale trovo la cadenza giusta. In poco tempo capisco di essere da solo, impossibile vedere se vicino ci siano altri concorrenti, nonostante siamo tutti dotati di una boa galleggiante luminosa che serve ai gommoni d’appoggio per identificarci e mantenerci in sicurezza, dal pelo dell’acqua è praticamente impossibile vedere a pochi metri di distanza.

Diversamente delle gare diurne, non si formano i classici trenini di nuotatori in scia e questo mi permette di essere tranquillo e procedere al mio ritmo senza interferenze: la scelta previdente di utilizzare occhialini con lenti trasparenti si rivela pienamente azzeccata, il comfort è totale e non ho alcun problema a tenere sotto controllo la rotta ogni volta che alzo la testa, in media ogni 8/10 bracciate. Il Garmin al polso mi assiste fedelmente e, ogni 500mt, mi segnala con una vibrazione a che distanza mi trovo del percorso e il ritmo a cui sto procedendo. Metro dopo metro, bracciata dopo bracciata, quei puntini luminosi che delineano il paese di Sulzano si fanno più nitidi e il corretto punto di uscita dall’acqua inizia a prendere forma. Solamente quando il gommone dei Giudici mi si affianca illuminandomi con un faro, ho la certezza di essere totalmente da solo e mi viene il dubbio di essere anche in testa alla frazione nuoto: io sto davvero bene, è vero, ma mi sembra impossibile essere davanti a tutti. Cerco di rimanere concentrato, ma dopo circa 3000 metri inizio a sentire un po’ la stanchezza e il desiderio di uscire quanto prima dall’acqua.

Intorno a me, piano piano, inizia ad albeggiare e mentre mi avvicino alla riva, con gli occhi intravedo i colori del giorno che sta per cominciare e sento i brividi per quanto stupendo sia essere li in quel momento, un’esperienza irripetibile e mistica.

È in questo stato d’animo che tocco terra e muovo i primi passi fuori dall’acqua.

Solo adesso ho la certezza di essere primo.

Vedo Sara, li in prima fila, illuminata dai fuochi accesi al mio passaggio; il tempo di un bacio ed è già il momento di correre verso la zona cambio e passare dalla modalità nuotatore a quella di ciclista. Corro velocemente a recuperare la sacca contenente il completo per pedalare: ho optato per nuotare con il costume tradizionale sotto la muta e di cambiarmi prima di salire in bici così da avere addosso vestiti asciutti e non sentire freddo nei primi km.

La parte di gara più temibile sta per iniziare, perdo qualche minuto per il cambio, ma in una gara così lunga non è affatto un problema e, anzi, è molto meglio fare attenzione al comfort piuttosto che al tempo. Mentre do le prime pedalate mi rendo conto dell’impresa che ho appena compiuto, perché dopo 8’ il secondo concorrente non è ancora uscito dall’acqua.

Non ho alcuna velleità di podio, desidero unicamente concludere questa gara tanto sognata, ma sono orgoglioso della prestazione nel nuoto e mi godo una lieve sensazione di soddisfazione.

I primi 80km in sella li affronto con tranquillità, trovo un ritmo che mi permette di non essere in affanno e di gestire al meglio le forze. La moto apripista però ad un certo punto, mi porta fuori dal percorso di gara di qualche km, perché purtroppo né io né il motociclista abbiamo notato il bivio corretto verso l’Aprica. Siamo costretti a tornare indietro, giusto in tempo per ricongiungerci col secondo e il terzo in classifica che nel frattempo hanno recuperato il distacco.

Peccato aver sprecato così il mio vantaggio, ma questo fa parte dei famosi imprevisti incontrollabili, quindi …avanti senza voltarsi indietro! La strada che mi porta verso il Mortirolo prima e sul Gavia poi è ancora lunga e, praticamente, tutta in salita: come da previsioni, non essendo io un grande scalatore, inizio a perdere qualche posizione e l’agonista che c’è in me mi supplica di spingere per non farmi superare, ma – fortunatamente – resto lucido e mantengo il ritmo prefissato senza bruciarmi. Decido di fermarmi ad ogni ristoro, per sgranchire le gambe e idratarmi bene; oltre a gel e maltodestrine, alterno coca cola e frutta secca per variare un po’ l’alimentazione. Anche nelle sacche distribuite lungo il percorso, ho messo dei paninetti all’olio con formaggio e prosciutto: la frazione bici durerà poco meno di 10 ore, pertanto devo riuscire a fare in modo che la stanchezza non mi chiuda lo stomaco prima di aver messo da parte un po’ di carburante.

La salita verso il Mortirolo è lunga, ma mai veramente dura e finisce abbastanza velocemente: scortato da un gruppo di amici che si erano posizionati sul percorso, inizio a scendere verso il paese di Monno dove mi aspetta Sara per il cambio borracce e per una RedBull ghiacciata; siamo circa al km 120, ne mancano ancora 50 di cui 17 di scalata verso i 2.700 mt della cima del passo Gavia, vera bestia nera della giornata, con i suoi 1300 mt D+ e i suoi strappi sopra il 15%.

La strada da Monno a Ponte di Legno serve per ritrovare la concentrazione e ricaricarsi, scorre veloce anche grazie ai tanti amatori incontrati lungo il percorso che, vedendo il pettorale di gara, mi incitano e mi sostengono.

A Ponte di Legno la temperatura è piuttosto elevata, mi fermo al penultimo ristoro per recuperare un po’ di forze, soprattutto mentali, mentre mi raggiunge Sara che mi accompagnerà in bici fino in cima al Gavia. Pochi minuti e siamo di nuovo in sella, iniziamo a pedalare insieme e la sua freschezza le permette di farmi strada tornante dopo tornante quasi fino in cima, quando a poco meno di 3 km dalla vetta mi prende la prima, vera crisi: la stanchezza che prima riuscivo a gestire e tamponare, inizia a prendere il sopravvento e la fine della salita sembra non arrivare mai, voglio scendere dalla bici, voglio smettere di pedalare anche solo per qualche minuto, quindi devo costringermi a ricordare che se cedessi a quella debolezza, difficilmente riuscirei a risalire in sella.

Sono nervoso, quindi chiedo a Sara di essere lasciato da solo per ritrovare la concentrazione e, quando inizio ad incrociare i primi, in testa alla corsa, che tornano indietro verso la fine del percorso bike, situato a Ponte di Legno, capisco di essere prossimo al giro di boa, quindi la mia agonia sta per finire. Gli ultimi metri sono davvero duri, però subentra la certezza di aver praticamente finito anche la seconda frazione e questo mi rincuora davvero molto.

I km passano lenti, ma arrivato in cima al Passo Gavia, sento un enorme sollievo, mi rendo conto finalmente del paesaggio stupendo che mi circonda, vedo la neve e rimango a bocca aperta pensando al periodo dell’anno in cui siamo. Quell’ultimo rifornimento e la maglia asciutta a maniche lunghe mi restituiscono una sensazione di benessere, sono pronto per lanciarmi in discesa verso la zona cambio. Affronto i tornanti con concentrazione, cerco di rilassare le gambe e godo di questa ritrovata energia, proiettato mentalmente all’ultima parte della gara, quei 40 km di trail che mi porteranno di nuovo in quota, verso il passo Paradiso. Sono di poco in vantaggio sul tempo preventivato e in classifica sono nei primi 20, mi sale l’entusiasmo e sento tornarmi le forze: incredibilmente, non vedo l’ora di cambiarmi e partire con la corsa.

Quando scendo dalla bici a Valle sono passate circa 10 ore dalla partenza e il termometro si avvicina ai 35 gradi: mi cambio, scelgo un abbigliamento piuttosto leggero con pantaloncini, canottiera e camel-bag con acqua, sali e qualcosa da mangiare. I primi 20 km con 800 D+ compongono un anello che mi riporterà a ponte di Legno, dove mi aspetterà il mio accompagnatore, obbligatorio per tutti nella seconda parte di gara, fino all’arrivo.

Con i primi passi le gambe sembrano girare bene, ma dopo circa 7km – invece che guadagnare in scioltezza – mi accorgo di non avere la possibilità di correre con agilità sui cambi di pendenza, troppo accentuati; la cosa peggiore, tuttavia, sono le discese e nei tratti in cui speravo di recuperare terreno, le gambe sono talmente poco elastiche che mi è praticamente impossibile provare anche solo ad accelerare.

Mi sento davvero stanco, l’alta temperatura non aiuta anche se le numerose sorgenti d’acqua lungo il percorso mi permettono di rinfrescarmi spesso, ma arrivo comunque molto affaticato in piazza a Ponte di legno in circa 2h15. Qui trovo il mio compagno di squadra Corrado entusiasta e pronto per affrontare con me gli ultimi 20 km con 1600D+, desideroso di partire velocemente, mentre io ho bisogno di sedermi, di fare una pausa: come sul Gavia, devo attingere a tutte le risorse dentro di me per non cedere alla stanchezza. Sono minuti di lotta interiore, ma questa volta giunge in soccorso una birra piccola che subito mi fa sentire rinato! Cambio le calze e mi cospargo i piedi già provati di vasellina per non rischiare che mi si formino delle vesciche.

Un cenno agli amici, sguardi di complicità e pacche sulle spalle, si riparte.

La dote fondamentale del mio accompagnatore è il buonumore: riesce a farmi ridere, a distrarmi e mi da coraggio per andare fino in fondo. Appena usciti dal paese, il percorso diventa duro, inerpicandosi per quelle che in inverno sono le piste da sci che scendono dal Passo del Tonale: interminabili rampe di erba e terra da percorrere col fiato sempre più corto, il caldo non accenna a diminuire, quando, all’improvviso, si alza un forte vento che in pochi minuti cambia radicalmente il meteo: minacciose nubi grigie si addensano nel cielo, azzurro terso fino ad un attimo prima e la temperatura, complice anche della quota guadagnata, inizia a scendere drasticamente, finché un impetuoso temporale estivo scarica la sua potenza su tutti i concorrenti: siamo a circa 10 km all’arrivo, di cui 7km di “vertical” dal Tonale al Passo Paradiso, con circa 800mt D+ ancora da affrontare. Con grande rammarico e un po’ di rabbia, scopro che il mio supporter non ha con sé il mio abbigliamento tecnico termico come avevamo concordato, perché le indicazioni meteo verificate pochi minuti prima di incontrarci non facevano presagire un così brusco peggioramento, quindi aveva deciso di mandare tutta l’attrezzatura termica all’ultimo ristoro, prima dell’arrivo. La temperatura è scesa velocemente, siamo perciò costretti ad utilizzare delle protezioni di fortuna e a proteggerci dalla pioggia con dei sacchi neri della spazzatura presi lungo il percorso, ma la pioggia non accenna a diminuire e il vento soffia con forza. Arriviamo al Passo del Tonale con i primi sintomi di ipotermia e, come me, la maggior parte dei concorrenti ancora in gara arrivati fino a lì: fortunatamente la gara viene sospesa temporaneamente, quindi ho tempo di riprendermi bevendo thè caldo e coprendomi con tutto ciò che riesco a recuperare. Nel gruppo che si è formato al cancello del Tonale, scatta una gara di solidarietà tra concorrenti per recuperare e scambiare pezzi di abbigliamento, con la promessa e l’auspicio di restituirci tutto all’arrivo della gara.

Rimaniamo tutti fermi per circa 1 ora, tranne i primi concorrenti che erano riusciti a transitare prima del temporale. Le condizioni sono così avverse che l’Organizzazione valuta la sospensione definitiva della gara e io mi sento quasi sollevato all’idea di aver comunque finito di soffrire.

Immediatamente dopo però, subentra la frustrazione all’idea di non vedere con i miei occhi l’arrivo e la parte più selvaggia del percorso, di arrivare in cima ad un ghiacciaio al tramonto, dopo essere stati in gara per oltre 15 ore e aver provato così tante emozioni diverse.

Appena un timido raggio di sole squarcia il nero delle nuvole, capiamo tutti che a breve ci avrebbero fatti ripartire e così accade, anche se sfortunatamente la classifica è stata appiattita e non verrà tenuto conto nel cronometraggio della sospensione della gara, ma questa gara è un po’ diversa dalle altre e la classifica finale non è un fattore determinante, tant’è vero che le premiazioni avverranno in ordine sparso e non di arrivo.

Con l’ok dei Giudici, siamo alle battute finali, e mi dico che nulla potrà togliermi la soddisfazione di arrivare al traguardo. A a me e Corrado si unisce anche Sara per accompagnarci negli ultimi, durissimi km verso il traguardo. Procediamo a passo svelto, ma senza riuscire ad accennare passi di corsa veri e propri: le gambe, dopo tutta quella fatica e uno stop forzato di1h, sono durissime.

Mi tolgo gli strati in eccesso, riorganizzo lo zaino con l’aiuto dei miei accompagnatori, inizio a preparare la lampada frontale perché la luce del giorno sta lentamente lasciando posto ad un tramonto dai colori incredibili e presto farà di nuovo buio.

Si continua a salire, i sentieri lasciano posto alle pietre, l’occhio cerca velocemente le bandierine incastrate tra i massi per segnare il percorso e i piedi trovano il loro ritmo: alzando lo sguardo possono vedere i concorrenti che mi precedono zigzagare sul fianco della montagna come delle piccole lucciole, per poi sparire dietro l’ultima curva, dove so che si trova il traguardo.

Mancano davvero poche decine di metri di dislivello, NIENTE rispetto a quello che già fatto, il Garmin decide di smettere di accompagnarmi e, consumata l’ultima briciola di batteria, si spegne a pochi km dall’arrivo.

Il mio corpo è in una sorta di dimensione parallela, avanzo per inerzia e non riesco più a percepire nemmeno la fatica.

Smetto di parlare e continuo a salire, mi sento stremato, ma inizio ad assaporare il gusto indescrivibile che ha la realizzazione del mio più grande sogno sportivo, sento l’euforia e sento entrare in circolo l’adrenalina. Gli ultimi passaggi sono sulla neve, a tratti mi devo aiutare con le mani, ogni tanto scivolo affannato sulle pietre, poi – attraversando qualche pozza di fango qua e là, arrivo all’ultima cima della montagna e qui mi si apre la vista: la Val Canonica sulla destra, una distesa di luci nel buio, e sulla sinistra l’Arrivo al rifugio, un piccolo sentiero ripidissimo e maestoso, una striscia di tappeto blu illuminato a giorno.

Sono gli ultimi istanti, i miei accompagnatori mi lasciano spazio e io mi fermo, assaporo il silenzio, faccio un profondo respiro per fissare nella mente quell’istante e, senza dire nulla, inizio a salire gli ultimi metri verso il nastro del traguardo.

Vorrei piangere per scaricare tutta l’adrenalina e la tensione accumulate in questi mesi mentre invece, inaspettatamente, sorrido e mi godo l’istante.

E’ finita, ce l’ho fatta e ne sono tremendamente felice.

Alberto Mottura

RACCONTI STONEBRIXIAMAN 2018

STONEBRIXIAMAN 2018
Era ottobre 2017, ero a Darfo Boario Terme per servizio, faccio il Vigile del Fuoco, e mentre guardo fuori dal camion guardo all’ in su e mi viene in mente quello che per me era un sogno: STONEBRIXIAMAN… era un anno che avevo ri-iniziato col TRIATHLON, con il CUS BRESCIA.
Dopo un approccio alla triplice abbastanza approssimativa negli anni passati, nella mia testa avevo già deciso che lo avrei fatto, anche se passare dagli sprint e olimpici alla regina delle gare era una follia. Chiedo a mia moglie  MAILA se voleva sopportarmi per 8 mesi con sacrifici, rinunce, e assenze nella quotidianità, perché STONEBRIXIAMAN è anche questo.

La risposta è: SI!

Beh allora ci siamo possiamo cominciare!

I miei amici e i mister mi dicevano << MA SEI SICURO?>>

“Ma hai capito cosa devi fare?”

POI il mio AMICO Guido mi dice: “FACCIAMOLO!”

Tante ore di nuoto, tanto cloro, tante crisi di allergia, ma io devo attraversare il lago, di notte alle 4 di mattina. Tante tante tante salite in bici, ma io devo arrivare sul GAVIA. Tante corse in montagna, ma io devo arrivare in PARADISO!

Tanti aneddoti in questi mesi da raccontare, ma ci vorrebbe un libro per raccontarli; chi è stato al mio fianco è stato FONDAMENTALE per affrontare questa sfida.

Arriviamo al dunque….

Siamo già sulla barca pronti a partire, sono carico come una molla, quante volte ho sognato questo giorno, quante volte mi sono guardato allo specchio, sempre più magro e provato che mi dicevo: “ma perché?”

Il “Perché” è arrivato con il conto alla rovescia e quello squillo di tromba.

Via! Ci siamo, 4000m di solitudine e adrenalina, non ci sono chiacchere, ci vuole coraggio.

Esco dall’acqua intorno alla decima posizione, ci sono già tutti i componenti della mia SQUADRA. Mi cambio e mi preparo alla guerra, tutto perfetto, Breno, Edolo, Trivigno, Ponte di Legno… adesso arriva il mostro: Il Gavia.
A meta salita…

BUIO… 

Crampi… e adesso…. mi siedo… respiro … e penso… ho promesso quella MAGICA PIETRA 10X10 AL MIO BAMBINO!!
C’è solo una cosa da fare: saltare in sella e andare in CIMA! 

Ci siamo, arrivo in vetta! Mi intrufolo nella Chiesa con Andrea mi cambio e giù in picchiata.

Arrivo a Ponte e ci sono tutti i miei Amici. Sono provato, ma adesso comincia il bello!!!
I primi 21 km li faccio da solo, veramente duri, ho pensato tanto e ho pianto per la felicità e la fortuna di poter vivere questa giornata.

Siamo al giro di boa, il mio Amico Natale mi accompagna fino a Ponte.

Lì mi aspetta la Mia SQUADRA DI AMICI.
Ecco lo STONEBRIXIAMAN mi ha regalato oltre tutte queste emozioni: 8 km con GUIDO, NATALE, ALBERTO, FRANCO, ANDREA, non so quanto ci abbiamo messo ma ho sentito davvero un GRAN BENE nei miei confronti da parte loro.

Qualcuno lassù ci ha regalato una giornata meteo strepitosa, ma ai -3km la fatica è davvero alle stelle, penso di non essere mai stato cosi stanco, poi all’improvviso vediamo il tappetto Blu. GUIDO toglie fuori dal cilindro la bandiera dei 4 MORI, IO sono sardo, BARBARICINO..

OK CI SIAMO …

una sistemata e via tutti insieme alle porte del PARADISO!

Ce L’ABBIAMO FATTA! 

Si ce l’abbiamo fatta, perché è stato realizzato il sogno di tutte le persone che mi sono state vicine.

Sono passati quasi due anni, ma forse non ho ancora metabolizzato… 17 ore di incredibili emozioni!

Io sarò per sempre uno STONEMAN!

INSISTI, RESISTI, RAGGIUNGI, CONQUISTI!

Marco.

Marco Murgia

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